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Zalone, il pellegrino col Ferrari: sfida Cameron, ignora il politicamente corretto e demolisce la paella

Checco Zalone torna con Buen Camino e sfida James Cameron. Leggi le dichiarazioni irriverenti su paternità, politicamente scorretto e i guai in Spagna

In "Buen Camino" Checco e Gennaro Nunziante dissacrano la spiritualità e la paternità moderna. "Siamo tornati per i soldi, inutile mentire".

[di Alex M. Salgado]

Checco Zalone e Gennaro Nunziante

"Dovrebbe svegliarsi questo James Cameron il 26 mattina e dire: Ma chi cazzo è?". La dichiarazione di guerra al botteghino del Natale 2025 non arriva da un raffinato stratega di marketing, ma da Checco Zalone, che con la consueta, disarmante onestà intellettuale (e brutale) presenta Buen Camino. Dopo cinque anni di assenza, il "comico nazionale" e il regista Gennaro Nunziante tornano insieme non per una mistica chiamata alle arti, ma con un obiettivo molto più terreno: "È inutile essere ipocriti: ci aspettiamo di fare soldi, di incassare. I possibili futuri incassi di questo film possono far bene a tutto il comparto, quindi ce lo auguriamo".

La genesi di questo ritorno non ha nulla di epico. Nessuna riconciliazione strappalacrime, perché, come spiega Zalone, "non abbiamo mai litigato in verità. Capita che nella vita si prendano strade diverse". A riunirli è stata la topografia barese e una certa pigrizia di fondo. I due, infatti, si sono ritrovati quasi per caso nel quartiere Madonnella a Bari, dove vivono "a distanza di due metri", separati solo da un appartamento "molto più costoso delle nostre due case". È lì, tra una passeggiata in Corso Sonnino e l'altra, che l'indolenza condivisa ha ceduto il passo alla creatività: "L’idea di ritrovare tutti voi a dover parlare, dire cose anche banali, è ciò che mi fa fare un film ogni cinque anni. Spero moriate nei prossimi cinque anni per noi", augura affettuosamente Checco alla stampa.

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Il Cammino di Santiago: quando il ricco "si crede Dio"

La scelta di ambientare la storia sul Cammino di Santiago, luogo simbolo della spiritualità e della privazione, potrebbe sembrare azzardata per una commedia di Natale. Ma per Nunziante e Zalone, tutto nasce da una domanda fondamentale che si pongono all'inizio di ogni progetto: "Chi è Checco oggi?". La risposta, questa volta, ha portato a delineare un personaggio inedito: un uomo ricchissimo, viziato, erede di un impero di divani. "Abbiamo pensato che il Cammino di Santiago potesse rappresentare veramente qualcosa di completamente stridente con la sua vita" spiega Nunziante.

Il contrasto è il motore comico: "Solitamente chi c’ha i soldi si sostituisce alla divinità, cioè la ricchezza si sostituisce alla divinità". Mettere un uomo che si crede Dio in un percorso dove si cerca Dio crea quella frizione necessaria alla risata. Checco non è un pellegrino devoto, è un pesce fuor d'acqua che tenta di approcciare il sacro con le regole del profano: "Arrivava in Ferrari e infatti prova, almeno all’inizio, a fare il cammino in Ferrari e si stanca molto le braccia, poverino" racconta il regista, svelando uno dei paradossi visivi del film. La spiritualità diventa così lo specchio deformante in cui si riflette la miseria del materialismo, costringendo il protagonista a misurarsi con l'ignoto e l'immateriale, concetti che aveva accuratamente evitato finora.

Paternità e figlie "digitali": Zalone tra finzione e realtà

Conferenza stampa BUEN CAMINO
Il cuore emotivo del film pulsa intorno al rapporto padre-figlia, un tema che Zalone affronta mettendo le mani avanti con la sua solita ironia difensiva: "Sì, è una roba che può apparire anche ruffiana, diciamo, no? Papà e figlia". Tuttavia, la rappresentazione cinematografica si discosta nettamente dalla sua realtà domestica. La figlia del film, Cristal, è una ragazza che cerca valori autentici, che ha chiuso i social e rifiuta la ricchezza paterna.

"Non una ragazzina come le mie invece, che passano il tempo sul cellulare!" esclama Checco, portando la sua esperienza di padre di due figlie (di 13 e 10 anni) come metro di paragone opposto. L'attore confessa che nella vita reale, specialmente con la primogenita, inizia a configurarsi quel tipo di rapporto conflittuale dove spesso gli sembra di parlare una lingua diversa.

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Gennaro Nunziante eleva il discorso, parlando di una "società senza padri". L'intento non era solo fare ridere, ma indagare la crisi dell'identità maschile contemporanea: "Oggi non si sa più chi è l’uomo e quindi uno non sa neanche perché è padre". Il viaggio di Checco diventa così un percorso di formazione tardiva: "Lui parte sapendo di essere padre torna che è padre. Sei diventato quello che sapevi di essere". La crisi scoppia proprio quando la figlia demolisce le certezze materiali del genitore: "Se una figlia ti dice che tutto quello che possiedi non serve a nulla... lui va in tilt totale perché deve mettersi a piedi e non gli servono le Ferrari".

"Intelligentemente scorretti": la risposta al Politicamente Corretto

In un'epoca in cui la commedia sembra camminare sulle uova, Zalone rivendica il diritto alla scorrettezza. Alla domanda se la comicità sia cambiata o limitata dal "politicamente corretto", la sua risposta è pragmatica e tagliente: "Io sostengo che invece di lamentarsi del politicamente corretto, bisogna essere scorretti, ma intelligentemente scorretti". Non avverte il problema come un limite, ma come una sfida autoriale.

Buen-camino_foto di scena
Nunziante approfondisce il concetto spiegando che la chiave di volta risiede nella struttura narrativa, specialmente nel finale. Il personaggio di Checco parte come un "uomo ricco, cretino, che non sa che cinque sono i continenti", e a cui certe battute (anche feroci su temi sensibili come Gaza o l'Olocausto, citate dai giornalisti in sala) sono permesse dal suo status di ignorante privilegiato. "Ma poi c’è una rigenerazione". La commedia italiana, secondo il regista, funziona proprio così: "Si va incontro all'uomo nella sua miseria, ma si aiuta l’uomo a crescere. questo è l'elemento fondamentale". Le battute scorrette non sono gratuite, ma funzionali a mostrare la follia e la pochezza iniziale del personaggio, per poi portarlo a una consapevolezza nuova. Zalone ricorda ad esempio la battuta di Quo Vado? sui ragazzi dell'ISIS, sottolineando come l'inconsapevolezza giustifichi la risata, mentre "la vita ti fa affrontare la consapevolezza".

L'incubo spagnolo e il terrore di TikTok

Se il film promette risate, la sua realizzazione ha comportato sofferenze fisiche non indifferenti per il protagonista, legate soprattutto alla tavola. Zalone demolisce senza appello la cucina iberica: "Bello il cammino, però è una fatica enorme doversi spostare in Spagna... si mangia veramente di me**a!". Il risultato di mesi di riprese all'estero è un bollettino medico preoccupante: "Ho fatto le analisi, ho il colesterolo a 350". La promessa per il futuro è un ritorno all'autarchia culinaria e logistica: "Se qualcosa faremo in futuro, lo faremo in maniera più comoda in Italia... vicino a Bari".

Ma c'è un'altra paura che attanaglia Zalone, ben più insidiosa del colesterolo: i giovani. "L’idea di tenere dei ragazzini scalmanati fermi per un’ora e mezza al cinema mi spaventa" ammette. Consapevole di essere una star anche su piattaforme che non frequenta, come TikTok, dove i suoi sketch vengono spezzettati, Checco teme il confronto con una generazione abituata a contenuti di 40 secondi. "Devo dire che anche 'spezzettato' funziono", riconosce, ma ribadisce con forza la necessità della sala: "Credo che un film debba essere anche un racconto, debba avere una drammaturgia". La scommessa è tutta qui: vedere se un racconto semplice, con un inizio e una fine, possa ancora catturare chi vive di scroll infiniti.

James Cameron è avvisato. E se non dovesse bastare il cinema, Checco ha già pronto il piano B: tornare a Bari, curarsi il colesterolo e godersi la vita nel quartiere Madonnella, aspettando che l'indolenza passi di nuovo, tra altri cinque anni.

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