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L'Eredità Culturale di Papa Francesco: La Bellezza che Salva tra Arte, Cinema e Fede

Omaggio a Papa Francesco: il potere della cultura nel suo pontificato. Arte e cinema come dialogo, bellezza che salva e voce per i poveri.

Dal Neorealismo che "forma il cuore" alla visione dell'artista come "alleato del sogno di Dio", un'analisi del profondo legame tra Jorge Mario Bergoglio e il mondo della creatività come chiave del suo pontificato.

Jorge Mario Bergoglio - Papa Francesco
[di Massimo Righetti]

Con la scomparsa di Papa Francesco, avvenuta questa mattina, il mondo non perde solo una guida spirituale, ma anche un interlocutore attento e profondo del mondo dell'arte e della cultura. Per Jorge Mario Bergoglio, infatti, l'impegno culturale non è mai stato una nota a margine, bensì una finestra privilegiata sulla sua visione del mondo e sul suo approccio pastorale. Un dialogo costante, nutrito fin dall'infanzia argentina, quando i genitori gli trasmisero l'amore per il cinema, svelando le trame dei film prima della visione, quasi porte d'accesso a mondi narrativi.

Fu in quegli anni formativi che il destino gli rivelò il Neorealismo italiano; non come un semplice vezzo estetico, ma come un'antica mappa dell'anima umana, una vera "catechesi di umanità" bisbigliata tra le rovine fumanti, una scuola di umanesimo dove si imparava direttamente dalle cicatrici del mondo. Risuonavano allora i titoli come rintocchi di campane nella memoria: Roma città aperta, lo strazio muto de I bambini ci guardano, e su tutti, inciso a fuoco nel cuore come un amore predestinato, La Strada di Fellini – "il film che forse ho amato di più", confessò decenni dopo, perché aveva il potere miracoloso di accendere "una luce inedita sullo sguardo degli ultimi". Era un cinema, riconosceva con la solennità di chi parla di un'eredità sacra, che "ci ha formato il cuore, che ci ha costretti a togliere i veli dagli occhi per guardare la realtà nuda e cruda, con occhi nuovi"; uno sguardo ostinato, quasi febbrile che provoca la coscienza. E quello sguardo divenne la sua bussola segreta: una percezione che non si fermava alla pelle delle cose ma penetrava fino al midollo, un'empatia viscerale capace di scuotere l'anima fin dalle sue fondamenta, di "muovere le viscere".

Questa profonda fiducia nel potere delle immagini affondava radici profonde e silenziose in una teologia luminosa, dove l'arte non era semplice ornamento ma quasi un respiro divino, "una grande espressione di Dio". La bellezza autentica, quella che egli cercava con la tenerezza di un rabdomante, non era il luccichio effimero del "maquillage", ma un canto sommesso, l'armonia stessa, nientemeno che opera dello Spirito Santo. Per Papa Francesco, questa bellezza pura era sorella inseparabile della verità e della bontà, un sentiero di luce – la "via pulchritudinis" – capace quasi per magia di colmare la vita di un nuovo splendore. In questa visione, gli artisti diventavano figure essenziali, quasi custodi di sorgenti nascoste: "alleati del sogno di Dio, veggenti capaci di leggere oltre il visibile, portatori benedetti di novità nella storia, la delicata ma inflessibile coscienza critica della società". Perché l'arte vera, come la fede che arde, non può lasciare le cose come stanno; essa tocca, trasfigura, converte dolcemente, regalando quella benedizione agrodolce che Bergoglio chiamava la "pace dell'inquietudine".

Il suo non era un interesse astratto. Papa Francesco vedeva la cultura come potente tessitore di incontro e dialogo tra culture e religioni, un grande strumento di aggregazione capace di ricostruire il tessuto sociale. Cruciale e commovente era il suo appello a non dimenticare gli ultimi: "Anche i poveri hanno bisogno dell'arte e della bellezza", forse più di altri. "Gli artisti - diceva - possono farsi interpreti del loro grido silenzioso". Il suo pontificato è stato testimonianza vivente di questa convinzione: dagli incontri personali con registi e attori, all'incoraggiamento verso le istituzioni culturali, fino alla visione dei Musei Vaticani come luoghi vivi di dialogo e pace. Non si trattava di gesti isolati, ma della coerente manifestazione di una fede che cercava l'incontro con l'umano in ogni sua espressione, riconoscendo alla cultura il potere di aprire sentieri verso la comprensione reciproca e verso il Trascendente.

Papa Francesco ci lascia in eredità la visione di una cultura non come accessorio elitario, ma come linfa vitale per l'umanità, un pontefice che ha visto nella creatività umana non un lusso, ma una via essenziale per comprendere Dio e l'uomo. Un'eredità che lega indissolubilmente la ricerca della bellezza – nel cinema, nell'arte, nel creato – alla misericordia, al dialogo, all'attenzione per le periferie e alla speranza. Ci lascia la convinzione che la bellezza autentica, riflesso della verità e della bontà, possa davvero contribuire a salvare il mondo.

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