Jafar Panahi, l'Iran non perdona: nuova condanna a un anno di carcere per il regista Palma d'Oro

Panahi condannato in Iran a 1 anno di carcere. Il regista di "A simple accident" è accusato di propaganda. Sentenza in absentia, divieto di espatrio.

Sentenza in contumacia per "propaganda contro il regime" mentre il cineasta è negli USA. L'avvocato Nili annuncia ricorso. Il verdetto arriva dopo il trionfo a Cannes 2025 con "Un semplice incidente", candidato dalla Francia agli Oscar.

[di Alex M. Salgado]

Il braccio di ferro tra l'arte e il potere in Iran scrive oggi una nuova, drammatica pagina. Jafar Panahi, maestro del cinema internazionale e recente vincitore della Palma d'Oro al Festival di Cannes 2025, è stato condannato a un anno di carcere dal Tribunale Rivoluzionario di Teheran. La sentenza, emessa lunedì 1 dicembre in contumacia, include un divieto di espatrio di due anni e l'interdizione da qualsiasi gruppo politico o sociale.

L'accusa, ancora una volta, è quella di «attività di propaganda contro il regime». A confermare la notizia è stato Mostafa Nili, legale storico del regista, attraverso un comunicato ufficiale diffuso sui social. «La Sezione 26 del Tribunale Rivoluzionario ha condannato il signor Panahi in absentia», ha dichiarato l'avvocato, precisando l'intenzione di «adottare le misure necessarie per presentare ricorso entro i termini di legge».

Questa nuova misura punitiva giunge al culmine di un anno straordinario per il regista sessantacinquenne. Solo pochi mesi fa, Panahi aveva trionfato sulla Croisette con Un semplice incidente (It Was Just an Accident), un thriller psicologico che indaga i temi della tortura e della vendetta attraverso gli occhi di ex prigionieri politici che riconoscono il loro aguzzino. Un'opera potente, realizzata in clandestinità dopo il rilascio da Evin nel 2023, che la Francia ha coraggiosamente scelto come proprio candidato ufficiale per la corsa agli Oscar 2026.

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Attualmente Panahi si trova fuori dai confini iraniani, impegnato in un tour promozionale che ha toccato New York, Los Angeles e il Festival di Telluride. La sentenza odierna assume quindi i contorni di un avvertimento brutale: il rientro in patria significherebbe l'arresto immediato. È una strategia di esilio forzato che mira a sradicare il regista dal suo contesto vitale. Già nel 2010 Panahi aveva subito una condanna a sei anni e un divieto ventennale di fare cinema, misure che non hanno mai piegato la sua volontà creativa, portandolo a realizzare capolavori "invisibili" come This Is Not a Film e Taxi Tehran.

Il verdetto del 1 dicembre ribadisce l'incapacità del sistema giudiziario iraniano di tollerare voci dissonanti, specialmente quando queste ottengono una risonanza globale e toccano nervi scoperti come l'impunità dell'intelligence. Se il corpo del regista rischia una nuova reclusione o l'esilio perpetuo, la sua opera continua a viaggiare libera, testimonianza indistruttibile di una resistenza che dura da oltre quindici anni. Il mondo del cinema guarda ora con apprensione alle prossime mosse della difesa e alla risposta delle istituzioni culturali internazionali, con l'Academy Awards all'orizzonte come prossimo campo di battaglia simbolico.

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