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Veit Helmer e la poetica silenziosa di GONDOLA

Veit Helmer presenta "Gondola" all'Azzurro Scipioni. Il regista svela i retroscena del suo film senza dialoghi: un'ode visiva all'amore e alla libertà

Nel tempio romano del cinema d’autore, il regista tedesco ha svelato i retroscena della sua ultima opera: una storia d'amore sospesa tra i cieli della Georgia, dove la parola lascia spazio alla "magia del cinema".

[di Alex M. Salgado]

veit-helmer_copyright-by-boryana-pandova

C’è un filo invisibile che collega la rinascita del Cinema Azzurro Scipioni di Roma alla trama aerea di Gondola, l'ultimo film di Veit Helmer, al cinema dal 20 novembre grazie a Draka Distribution,  presentato ieri sera in anteprima nella storica sala di via degli Scipioni. Se il cinema di Silvano Agosti è da sempre un rifugio per chi cerca nell’immagine una forma di poesia, l’opera di Helmer ne è la perfetta incarnazione contemporanea.   

In una sala gremita, che ha il sapore di una "casa" ritrovata per i cinefili romani, il regista tedesco ha accompagnato il pubblico in un viaggio dietro le quinte di un film che sfida le convenzioni moderne: una narrazione priva di dialoghi, affidata interamente alla grammatica degli sguardi, al sound design e alla maestosità delle montagne della Georgia.   

Oltre il muto: un cinema universale

Gondola - Scena del film
Durante il Q&A che ha seguito la proiezione, Helmer ha tenuto a precisare la natura della sua scelta stilistica, prendendo le distanze dalla definizione classica di cinema muto. Rispondendo a una domanda sulle sue influenze, da Chaplin a Buster Keaton al rigore formale di Wim Wenders con il quale ha collaborato prima di firmare le sue opere, il regista ha chiarito:   

"Mi sento distante da un certo tipo di cinema muto del passato che utilizzava i cartelli per spiegare l'azione. Quelli erano comunque dialoghi che il pubblico doveva leggere. Io voglio andare oltre. Cerco storie che possano essere raccontate interamente per immagini. È un linguaggio universale: senza doppiaggio o sottotitoli, non si perde nulla del sentimento originale."   

Una filosofia che richiede un’idea forte alla base. Per Gondola, l'illuminazione è arrivata dall'architettura stessa delle funivie georgiane: due cabine che si incrociano a mezz'aria ogni trenta minuti. Un meccanismo perfetto per raccontare un amore fatto di attimi fugaci, sguardi e creatività.   

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La magia artigianale: "Tutto diventa possibile"

Veit Helmer con Massimo Righetti
Veit Helmer con il moderatore dell'incontro Massimo Righetti
Uno dei momenti più affascinanti della serata ha riguardato la rivelazione dei trucchi del mestiere. Di fronte alla curiosità del pubblico sulla complessità logistica di girare in alta quota, Helmer ha svelato con candore l'illusione cinematografica:

"In realtà avevamo una sola cabina. Voi ne vedete due che si incrociano, ma è tutto frutto del montaggio, di storyboard precisi e dell'uso del green screen. A volte giravamo con l'attrice nella cabina e uno schermo verde davanti; usavamo droni per le riprese esterne. Eravamo una troupe piccolissima, a volte solo tre persone, costrette a inventare soluzioni tecniche sul momento."   

Questa dimensione artigianale, quasi tattile, si riflette nella resa visiva del film, che il moderatore ha definito "fatto con amore", sottolineando come sullo schermo tutto diventi possibile, persino sospendere un anziano in carrozzina sotto la funivia per regalargli una vista mozzafiato.   

LEGGI LA RECENSIONE: GONDOLA - La coreografia del vuoto: sull'Amore che sconfigge la distanza

Un cambio di rotta: la forza del casting

Gondola-Nini-SoseliaUn retroscena sorprendente emerso durante l'incontro riguarda la genesi dei protagonisti. La sceneggiatura originale prevedeva una storia d'amore tra un uomo e una donna. Tuttavia, il processo di casting ha stravolto i piani:

"Quando ho iniziato a scrivere, immaginavo un uomo e una donna. Ma alla fine dei provini mi sono ritrovato con due attrici straordinarie. Ho deciso di cambiare la storia per loro. In Georgia, dove l'amore tra due donne non è sempre accettato facilmente e preferiscono le storie tradizionali, ho dovuto dire a tutti nel villaggio che stavamo girando una storia classica. In realtà, ho cambiato solo i nomi sul copione; le azioni e i sentimenti sono rimasti identici."   

Una scelta che ha donato al film una freschezza inedita, esaltata dalla chimica espressiva tra le due protagoniste, Iva e Nino.   

Il cerchio della vita e l'ironia del villain

da sin.: Carolina Boco, Massimo Righetti, Veit Helmer, Francesca Breccia
da sin.: Carolina Boco, Massimo Righetti, Veit Helmer, Francesca Breccia
Il film si apre con una morte e si chiude con una nuova generazione che prende il comando, una struttura che Helmer ha definito intenzionale:
"Volevo rappresentare una sorta di cerchio della vita. Si inizia con una fine e si termina con una bambina che gioca nella cabina. La vita continua, va avanti".   

E per quanto riguarda l'antagonista, il burbero capo della funivia? Il pubblico ha notato una certa umanità nella sua meschinità. Helmer ha confessato di aver faticato a renderlo totalmente odioso:

"Cercavo qualcuno che fosse sgradevole, ma l'attore che abbiamo scelto aveva uno sguardo dolce, quasi come un cane bastonato. Suscitava tenerezza. Alla fine, è un lieto fine per tutti, tranne forse per lui... anche se non sappiamo se sia morto davvero. Forse è ancora vivo, da qualche parte."   

La serata all'Azzurro Scipioni si è conclusa tra gli applausi, confermando che il cinema, quando è libero dalla dittatura della parola, riesce ancora a parlare direttamente all'anima.

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