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Venezia 82: Lo Specchio Infranto del Mondo, tra Sogni Oscar e Incubi Politici

La selezione di Venezia 82. Un festival tra Hollywood e impegno politico, con i film di Sorrentino, Del Toro e le tensioni globali.

Svelata la selezione di Venezia 82 che consacra il Lido come sismografo delle tensioni globali. Da Sorrentino a Del Toro, da Kathryn Bigelow a Park Chan-wook, un festival che non teme di guardare in faccia la complessità del presente.

[di Alex M. Salgado]


L'82ª Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia si dischiude come un organismo complesso e maturo, un Giano bifronte che volge con pari intensità lo sguardo verso due orizzonti apparentemente antitetici. Da un versante, si consolida quale più potente rampa di lancio europea per la corsa agli Oscar, catalizzando un'armata di produzioni hollywoodiane di supremo profilo; dall'altro, rivendica con vigore la sua identità di baluardo del cinema d'autore più intransigente e politicamente consapevole. È in questa sintesi, in questo equilibrio magistrale orchestrato dal direttore Alberto Barbera, che risiede la cifra distintiva di un'edizione eccezionale, non per evasione ma per immersione totale nelle contraddizioni del nostro tempo.

Il programma di quest'anno non si limita a essere una mera vetrina, ma si configura come una presa di posizione inequivocabile. La libertà di contenuti rivendicata da Barbera si traduce in una selezione che funge da sismografo delle tensioni planetarie. Il cinema si erge a strumento di indagine critica, affrontando senza filtri le piaghe aperte del mondo contemporaneo. Opere come The Voice of Hind Rajab di Kaouther Ben Hania sul conflitto israelo-palestinese, The Wizard of the Kremlin di Olivier Assayas sulle architetture del potere russo, e il documentario Cover-Up di Laura Poitras sull'eredità del giornalismo d'inchiesta americano, compongono un mosaico tematico che rifugge dalla neutralità. Venezia 82 elegge se stessa a piattaforma di confronto critico, un crocevia dove l'arte si misura con la cronaca più lacerante, riaffermando la sua bruciante necessità.

Frankenstein - Guillermo Del Toro
Parallelamente, il Lido si appresta ad accogliere una teoria di stelle che ne cementa lo status di anticamera privilegiata degli Academy Awards. La presenza in concorso di titoli come il monumentale Frankenstein di Guillermo Del Toro, fregiato da un cast che annovera Oscar Isaac e Jacob Elordi, il thriller paranoico A House of Dynamite di Kathryn Bigelow, e il biopic sportivo The Smashing Machine di Benny Safdie, con un Dwayne Johnson atteso alla sua prova più drammaticamente impegnativa, costituisce una mossa strategica che calamita l'attenzione mediatica planetaria. A questi si aggiunge la commedia d'autore Jay Kelly di Noah Baumbach, impreziosita da un trittico stellare composto da George Clooney, Adam Sandler e Laura Dern. Questa concentrazione di potenziale oscariano non è fortuita, bensì il frutto di un "metodo Barbera" che impiega il glamour come un faro per irradiare di luce l'intera selezione.

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Tuttavia, il cuore autoriale del festival pulsa con vigore inalterato, impedendo che la Mostra si trasformi in una mera succursale di Hollywood. La competizione è infatti nobilitata dal rigore formale di maestri internazionali come il sudcoreano Park Chan-wook (No Other Choice), l'ungherese László Nemes (Orphan) e l'icona del cinema indipendente americano Jim Jarmusch, che con Father Mother Sister Brother approda al Lido con un cast che include Cate Blanchett e Adam Driver. È questa capacità di affiancare il blockbuster d'arte alla ricerca più radicale che definisce l'unicità di Venezia nel panorama festivaliero mondiale.

La Grazia - Paolo Sorrentino
In questo contesto globale, il cinema italiano risponde con una prova di forza senza precedenti. La presenza di ben cinque pellicole in concorso costituisce un segnale di eccezionale fermento creativo. Si spazia dal film d'apertura, La Grazia di Paolo Sorrentino, al cinema biografico e materico di Pietro Marcello con Duse, attraversando il rigore morale di Leonardo Di Costanzo in Elisa, sino agli sguardi inconfondibili di due maestri del documentario come Gianfranco Rosi (Sotto le nuvole) e Franco Maresco (Un film fatto per bene). Una cinquina d'eccezione che, nella sua varietà di stili e approcci, dipinge il ritratto di un'industria nazionale in floridissima salute, capace di dialogare con il mondo senza smarrire la propria specificità identitaria.

Venezia 82, in definitiva, si preannuncia come un'edizione densa e stratificata. Un festival che ha conseguito la sua quadratura del cerchio, bilanciando con accortezza il prestigio commerciale e la ricerca artistica, il red carpet e l'impegno civile. Non si limita a esibire il grande cinema, ma lo interroga, lo contestualizza e ne proclama il ruolo indispensabile quale strumento per decifrare un mondo sempre più complesso e frammentato.

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