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Salvador Dalí: tra rivoluzione e luce eterna a Palazzo Cipolla

Scopri la mostra "Dalí. Rivoluzione e Tradizione" a Roma. Un percorso tra Picasso, l'ossessione per Vermeer e il misticismo nucleare.

Un viaggio poetico tra le ombre e i colori di Dalí, dove la ribellione giovanile abbraccia la perfezione dei maestri antichi.

[di Massimo Righetti]

Dalí. Rivoluzione e Tradizione

Nelle sale di Palazzo Cipolla, qui a Roma, si percepisce il respiro di Salvador Dalí aggirarsi inquieto tra le cornici. C'è un profumo di mare salmastro e di trementina nell'aria, un'eco che rimbalza tra le pareti di questa mostra, Dalí. Rivoluzione e Tradizione, un teatro della memoria dove il tempo si scioglie come cera al sole della Catalogna. Ci si chiede se la gente comprenda davvero il segreto che Salvador ha custodito dietro quei suoi baffi da antenna, divenuti sottili come vibrisse di gatto per captare l'invisibile: la rivoluzione non è che il grido necessario per ritrovare il silenzio sacro della tradizione.

Il Silenzio di Picasso e l'Urlo della Giovinezza

Ragazza di Figueres
Ragazza di Figueres
Appena varcata la soglia, ci accoglie l'ombra imponente di Picasso, il "padre cannibale" da sfamare e superare. Salvador, ancora ragazzo, con quel suo spirito fluido e inquieto, cercava un maestro. Siamo a Parigi, nel 1926. Entrò nello studio di Rue de la Boétie tremante, con l'anima in gola. Mostrò a Picasso la sua Ragazza di Figueres, la sorella Anna Maria intenta a tessere un pizzo al tombolo, con i fuselli che danzavano tra le dita sotto la luce fredda della loro terra. Picasso guardò l'opera in silenzio per un quarto d'ora. Poi, per due ore, mostrò a Salvador i propri dipinti, senza proferire parola. Sulla porta, uno sguardo intenso, un lampo tra due toreri, suggellò quel patto muto: "Hai capito?". "Ho capito".

In quel silenzio c'era già tutto: il cubismo, la scomposizione, la libertà. Osserviamo qui il Pierrot con chitarra, dove Salvador gioca con la realtà inserendo frammenti di materia viva: cucchiaini e piattini veri, rubati alla cucinetta infantile della sorella Anna Maria. Era la rivoluzione, l'inizio del metodo paranoico-critico, la capacità di vedere oltre la pelle delle cose.

La Liturgia del Mestiere: Lavorare, Lavorare, Lavorare

Dalí. Rivoluzione e Tradizione
Ma Salvador non era solo un incendiario. Dietro la maschera dell'eccentrico "Avida Dollars", si nascondeva un operaio della pittura, un monaco devoto alla tecnica. La mostra ci svela il suo santuario interiore attraverso I 50 segreti magici per dipingere. Qui, come un antico maestro rinascimentale, Salvador ci ammonisce con voce severa: non basta l'ispirazione, serve il sudore della fronte. Bisogna "lavorare, lavorare, lavorare" e concedersi vizi rari, come consumare hashish solo cinque volte nella vita.

Nella sua casa di Port Lligat, rifugio dell'anima dove la terra si fa roccia e il mare specchio, Salvador studiava Raffaello e Velázquez con la lente di un orefice. Voleva dipingere come gli antichi per poi essere libero, libero come il vento di tramontana. La sua mano doveva diventare capace di catturare l'aria stessa, quell'aria che circola nel capolavoro Las Meninas, che lui giurava di voler salvare persino più del quadro stesso in caso di incendio al Prado: "Salverei l'aria, perché è la vita del quadro".

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L'Ossessione per la Luce di Delft: Vermeer

E qui si arriva al cuore pulsante, alla ferita luminosa di questa esposizione. Se Velázquez era il padre nobile, Vermeer era il dio irraggiungibile. Nella tabella comparativa in cui Salvador dava i voti ai grandi della storia, a Vermeer concedeva il massimo, un venti assoluto, lasciando persino il povero Mondrian, con la sua freddezza, a zero.

La venerazione di Salvador per il maestro di Delft era una febbre, un amore disperato. Diceva che si sarebbe fatto amputare la mano sinistra, pur di poter osservare Vermeer dipingere per soli dieci minuti, o piangere davanti alla sua luce. Bramava quel mistero, quella capacità di essere "l'inventore della fotografia a colori" secoli prima della tecnica, affogando le figure in un'atmosfera di perla e smalto.

Elementi enigmatici di un paesaggio
Elementi enigmatici di un paesaggio
Davanti ai nostri occhi si compie il miracolo paranoico. Osservando la rielaborazione della Donna in azzurro che legge una lettera, Salvador prende la geografia dei Paesi Bassi e la trasforma nell'arida Spagna, simbolo del ritorno a casa. Ma c'è di più, c'è l'inganno sublime dell'occhio: la donna che legge svanisce e, nel gioco delle forme, appare il profilo virile di Velázquez. Vermeer e Velázquez fusi in un unico corpo pittorico, dove l'immagine muore per rinascere altra.

Nel capolavoro Elementi enigmatici di un paesaggio, Salvador si dipinge di spalle, citando l'allegoria della Pittura di Vermeer. Ma il paesaggio è quello dell'Empordà, con quella luce che scava l'anima. La tecnica è sublime: le sfumature del cielo, i riflessi delle nuvole, tutto è reso con una profondità che commuove, degna di quel maestro olandese che Salvador inseguiva come un fantasma.


L'Atomo, il Rinoceronte e l'Eternità

Dalí. Rivoluzione e Tradizione
Il viaggio termina dove tutto si frammenta per ricomporsi in una nuova mistica. Fu nel 1945, con l'orrore di Hiroshima, che Salvador subì quella che definì una deflagrazione sismica nel proprio io. L'atomo divenne la sua nuova religione: la materia non era più solida, ma un vortice di particelle sospese.

Ed ecco la rivelazione davanti alla Madonna del Cardellino di Raffaello. Salvador non si limita a copiarla, la fa esplodere. La dolce figura rinascimentale si disintegra, scomposta in atomi e corni di rinoceronte che fluttuano nello spazio. Perché il corno di rinoceronte? Perché è la forma perfetta, l'unica che segue la divina geometria della spirale logaritmica. È la massima bellezza racchiusa nella natura.

La materia si rompe, ma l'armonia resta intatta, sospesa in una quarta dimensione dove il tempo non esiste più, dove la fisica nucleare incontra la fede. Uscendo, ci si porta dentro l'immagine degli orologi molli, metafora di un tempo che si adatta alla memoria, e la certezza che Salvador, con i suoi eccessi e le sue maschere, abbia compiuto l'atto più rivoluzionario di tutti: custodire il fuoco sacro della tradizione per consegnarlo, intatto e vivo, all'eternità.

La produzione artistica di Dalí, dalla giovinezza fino alle ultime opere, oscilla costantemente tra due poli apparentemente opposti: rivoluzione e tradizione. Dalí nutre una profonda ammirazione e attrazione per i maestri del passato, tra cui i suoi prediletti: Velázquez, Vermeer, Raffaello. Non si può tuttavia dimenticare un altro artista, suo contemporaneo e connazionale, con il quale Dalí intrattiene un rapporto ambivalente: Pablo Picasso.

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Dalí. Rivoluzione e Tradizione

L’esposizione, promossa dalla Fondazione Roma, in collaborazione con la Fundació Gala-Salvador Dalí, con il supporto organizzativo di MondoMostre e il patrocinio del Ministero della Cultura e dell’Ambasciata di Spagna in Italia, è curata da Carme Ruiz González e Lucia Moni sotto la direzione scientifica di Montse Aguer. Il progetto riunisce opere provenienti dalla Fundació Gala-Salvador Dalí e da altre prestigiose istituzioni internazionali come il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía e il Museo Nacional Thyssen-Bornemisza.

Info e Biglietti: https://museodelcorso.com/dali-rivoluzione-e-tradizione/

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