Il sangue è rosso, il Natale pure. Kill Bill torna intero, finalmente

Esce il 5 dicembre in USA Kill Bill: The Whole Bloody Affair. 281 min., sangue colorato e il capitolo inedito di Yuki. L'attesa per l'uscita italiana.

Quattro ore, sangue a colori e scene inedite: la versione integrale di Tarantino debutta in America. E noi?

[di Massimo Righetti]

C'è una data. Il 5 dicembre 2025. Segnatevela sulla pelle, o dove vi pare, ma segnatevela. Perché in America grazie alla follia visionaria di Quentin Tarantino, accade qualcosa che aspettavamo da vent'anni. Arriva Kill Bill: The Whole Bloody Affair. Tutto intero. Un unico respiro di quattro ore e quarantuno minuti. Una cosa enorme.

Immagino Quentin Tarantino che ride. Ride mentre incolla i pezzi del suo giocattolo preferito e lo tira addosso al pubblico americano con la forza di una katana di Hattori Hanzo. I due film sono un ricordo. Dimentichiamoci di quella pausa di sei mesi che ci aveva lasciato a metà strada nel 2003. Dimentichiamo i titoli di coda a metà corsa. Da Los Angeles a New York si entrerà in sala con la luce e si uscirà con il mondo cambiato. Sarà un'unica, devastante, gloriosa ondata di vendetta. 

Ci hanno detto per anni che Kill Bill era una storia divisa in due volumi. Menzogne. La verità era che Harvey Weinstein aveva paura che ci facesse male il sedere a stare seduti troppo a lungo. Ma Tarantino sapeva. Sapeva che la storia della Sposa doveva scorrere come un fiume in piena, senza dighe. E ora quel fiume esonda nelle sale d'oltreoceano. E noi, qui, a guardare l’orizzonte e aspettare.

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Cosa cambia? Tutto, e niente. Cambia il ritmo del cuore. Hanno tolto quel cliffhanger che ci aveva tenuti svegli la notte. Quella frase di Bill: "Lei lo sa che sua figlia è ancora viva?". Via. Sparita. Adesso la Sposa corre verso la verità e chi sarà in quelle sale correrà con lei, ciechi come lei, disperati come lei. Senza quella frase, il film muterà pelle. Smetterà di essere una semplice lista della spesa di cadaveri. Diventerà un viaggio doloroso e dopo quattro ore di buio la vendetta si scioglierà lasciando posto alla redenzione. E alla fine la scoperta li colpirà in faccia con la violenza di un pugno. Crudeltà pura. Bellezza pura. 

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E in questo flusso unico, alcuni dettagli emergono deliziosi. Come quello di Michael Parks. Prima è lo sceriffo Earl McGraw in Texas, tra la polvere e i cadaveri. Ore dopo, lo si ritrova in Messico, ottantenne, nei panni di Esteban Vihaio. Un attore, due anime, un unico film. Sembra un gioco di prestigio teatrale, un omaggio alle vecchie compagnie di giro che solo in questa visione unitaria acquista il suo vero senso. Come le tracce di Ennio Morricone che non sembrano più canzoni messe lì per caso. Diventano un tessuto connettivo, un filo rosso musicale che lega l'inizio alla fine, tenendo insieme l'Oriente e il West in un abbraccio sonoro che prima sfuggiva.

E poi c’è il colore. Ricordate la battaglia alla House of Blue Leaves? Quegli ottantotto folli fatti a pezzi in bianco e nero perché la censura americana sveniva alla vista del sangue? Ecco, bene. Adesso il sangue è rosso. Rosso acceso. Rosso pomodoro. Rosso Natale. Vedremo arti volare e geyser di emoglobina con una nitidezza che ci farà girare la testa. È un balletto cromatico, una coreografia dell'orrore che diventa arte. Tarantino voleva dipingere con il rosso, e finalmente gli hanno ridato i pennelli.

C’è anche un fantasma che torna. Si chiama Yuki Yubari. La sorella di Gogo, quella ragazzina con la palla ferrata che ci aveva terrorizzato. Yuki cerca vendetta. È un capitolo perduto, un anello mancante che Tarantino ha recuperato e trasformato in animazione. E qui sta il genio. O la pazzia fate voi: l'ha fatto con l'Unreal Engine, la tecnologia dei videogiochi, in collaborazione con Fortnite. Sembra un cortocircuito culturale, il cinema d’essai che flirta con il joystick. Invece funziona. È un ponte tra generazioni, sette minuti di furia animata che legano Tokyo al Texas.

Adesso prendiamo la calcolatrice. Perché i conti non tornano. ed è un mistero che ci tormenterà finché non arriverà anche qui. La durata ufficiale dice 281 minuti. C’è l'intervallo, per forza. Quindici minuti per respirare, per ricordarsi come ci si chiama, e poi giù di nuovo nel baratro. Togliamo la pausa. Togliamo questo nuovo anime di Yuki appena ritrovato. Avanzano ancora dieci minuti. Dieci minuti di buio. Cosa sono? Nessuno lo sa con certezza. Forse dialoghi che credevamo persi per sempre, parole di Bill che galleggiano nel fumo. O forse solo il silenzio del deserto che si allunga, scene di raccordo dove la polvere balla nella luce e tu aspetti che qualcuno muoia. Un mistero nel mistero. Dieci minuti di ignoto per chi credeva di aver visto tutto.

Sarà un Natale strano, quest'anno. Loro con le katane, noi con i panettoni. Lionsgate regala agli americani il regalo perfetto sotto l'albero: la violenza stilizzata, l'ironia tagliente, la musica che ti entra nelle ossa. Kill Bill: the Whole Bloody Affair è un'opera lirica travestita da film di kung-fu. È Sergio Leone che incontra l'anime giapponese in un bar del deserto. E decidono di ubriacarsi insieme.

Quindi prepariamoci. Non a entrare in sala, ma ad aspettare. È una prova di resistenza anche questa. È amore per il cinema, quello vero, quello che ti chiede tutto e ti restituisce il triplo. Aspettiamo l’arrivo in sala. Nel frattempo, rispolveriamo gli abiti gialli. O rossi. Tanto alla fine, sarà uguale.

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