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Balle Spaziali 2: il ritorno dello Sforzo a velocità smodata

Ufficiale: Balle Spaziali 2 arriva nel 2027. Tornano Mel Brooks e Rick Moranis. Scopri le novità sul sequel cult a velocità smodata.

Dalla profezia di Yogurt al miracolo di Rick Moranis: cronaca di un sequel che viaggia a Velocità Smodata verso l’assurdo.

[di Massimo Righetti]

balle spaziali 2

Spaceballs - scena deserto
Hanno pettinato il deserto. Per quarant’anni. Lo hanno pettinato con pazienza, con rassegnazione, sotto il sole cocente di un’industria cinematografica che sfornava remake, reboot, prequel di sequel e spin-off di cugini di secondo grado. Poi sono arrivati gli spin-off degli spin-off. Poi le storie sulle origini delle storie sulle origini. E alla fine, quando nessuno ci credeva più, quando l’eco di quel “Non abbiamo trovato un cazzo!” sembrava l’unica risposta possibile al vuoto cosmico, è successo. Amazon MGM Studios ha guardato nell’abisso e l’abisso ha risposto con un rutto. Un rutto lungo, profondo, soddisfatto.

Balle Spaziali 2 arriva. Esiste. 

Nel 1987, un piccolo ometto dorato di nome Yogurt guardò in macchina, ruppe la quarta parete come si rompe un uovo per la frittata e disse: «Se Dio vuole, ci rivedremo tutti in Balle Spaziali 2: La ricerca di altri soldi». Era una battuta. Ridevano tutti. Nessuno sapeva che fosse una profezia incisa nella pietra del destino, o forse nel merchandising invenduto.

Ci voleva il 2027. Ci voleva il tempo, quel galantuomo che tutto erode tranne la voglia di ridere delle spade laser. E ci voleva Lewis Pullman, figlio di quel Bill Pullman che fu Stella Solitaria, l’eroe con il camper spaziale e la camicia aperta sul petto villoso. 

Lewis ha letto la sceneggiatura. Si è seduto, ha respirato forte e ha detto che sembrava «una bizzarra simulazione». Non ci credeva. Ha riletto. Ha chiamato il padre. Il padre ha riso per dieci minuti senza fermarsi. Diceva che c’era dentro il DNA di Mel. Mel Brooks. Che nel 2027 avrà cent’anni o giù di lì, un patriarca che osserva il mondo bruciare e decide di spegnerlo con una battuta. Mel Brooks è più vecchio del cinema sonoro e più giovane di chiunque abbia meno di vent'anni e si prenda sul serio.

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Lewis Pullman interpreterà, dicono le carte segrete, un certo Starburst. Forse il figlio di Stella Solitaria. Forse un eroe nuovo. Di certo qualcuno che dovrà imparare a gestire lo Sforzo. O a venderlo.

Lord Casco - Lo Sforzo
Ma la notizia vera, quella che fa tremare le ginocchia ai fedeli della chiesa dello
Schwartz, è un’altra. È un nome. Rick Moranis. Era sparito. Svanito nel nulla come un Jedi che diventa un fantasma di Forza, ma senza l’alone azzurro. Senza la musica triste. Senza nemmeno un comunicato stampa. Per quasi trent’anni ha detto no a tutto. Ha detto no ai fantasmi, ai Marvel, ai DC, ai Fast & Furious (e questo, diciamolo, è stata saggezza pura). Eppure, per Lord Casco, ha detto sì. Tornerà a indossare quel casco enorme, quella testona di plastica che lo faceva cadere sul set, quella maschera della meschinità umana che respirava pesante non per asma, ma per pura idiozia burocratica. Tornerà a giocare con i pupazzetti mentre nessuno guarda. Tornerà a dirci che il male vincerà sempre perché il bene è stupido. E il bene, diciamolo, è veramente molto stupido.

C’è Josh Gad dietro tutto questo. Uno che si è seduto davanti a Mel Brooks e per quaranta minuti ha parlato, sudando freddo, raccontando una storia così folle, così «intelligente e così stupida allo stesso tempo», che il vecchio Mel ha sorriso e ha detto che andava bene. Che si poteva fare. Quaranta minuti di parole, poi il silenzio e alla fine Mel che dice "va bene" come Dio che accende la luce il primo giorno. E fu il sequel.

E allora pensate a cosa significa. Significa tornare in quel mondo dove i soldati si chiamano Stronzi (e sono tanti, troppi, siamo circondati da Stronzi), dove le astronavi hanno radar che suonano come un forno a microonde e frenano per non superare il chiosco di Pizza Margherita.

GUARDA LA CLIP di BALLE SPAZIALI

Spaceballs
Noi italiani, poi, abbiamo un conto aperto con la leggenda. Perché Balle Spaziali da noi è un’altra cosa. È un miracolo linguistico. È Dante che riscrive Star Wars dopo tre grappe. Lì dove l’America diceva "Schwartz" (un gioco di parole yiddish intraducibile), noi abbiamo detto Sforzo. E improvvisamente la mistica Jedi è diventata una questione intestinale, uno sforzo fisico, una costipazione cosmica risolta dall’anello magico. Quella cosa che fai la mattina, che ti connette all'universo, pentendoti delle tue scelte alimentari della sera prima. Lì dove c’era il Colonel Sandurz, noi abbiamo creato il Colonnello Nunziatella, un nome che evoca una zia che ti pizzica le guance al pranzo di Natale. E John Candy? Barf. Vomito. Noi lo chiamammo Rutto. Ruttolomeo. Un mezzo uomo e mezzo cane, miglior amico di se stesso. E così il film è diventato un pezzo di storia della nostra infanzia, un lessico familiare fatto di Velocità Smodata e di pance grattate. Di battute che noi boomer ancora ripetiamo. Di scene che rivedremmo anche adesso, a quarant'anni di distanza, mentre fingiamo di lavorare.

Adesso però c’è solo da tremare perché i sequel sono bestie strane. Spesso sono tristi, come un comico che ripete la battuta due volte perché nessuno ha riso la prima. Ma qui è diverso. Qui c’è la voglia di prendere in giro un mondo, quello di oggi, che si prende troppo sul serio. Un mondo di Star Wars infiniti, di universi espansi che collassano su sé stessi. Un mondo dove ogni personaggio ha un prequel, ogni oggetto ha una backstory, ogni tazza ha un Easter egg. Mel Brooks lo aveva capito prima di tutti. Lo Sforzo non era la magia. Lo Sforzo era vendere la bambola di Yogurt. «Merchandising, merchandising! Lì si fanno i veri soldi del film!» gridava Yogurt. George Lucas, nel 1987, aveva vietato a Brooks di vendere giocattoli veri per non fare concorrenza a Guerre Stellari. E Brooks, genio, fece diventare quel divieto la barzelletta più grande del film.

Balle Spaziali - Nunziatella e Lord Casco
Speriamo. Speriamo che Lewis Pullman abbia ereditato dal padre non solo la faccia da schiaffi ma anche quel coraggio di guardare un enorme casco nero e non scoppiare a ridere. Speriamo che Josh Gad abbia scritto qualcosa che ci faccia sentire di nuovo a casa, su quel camper spaziale con le ali, mentre scappiamo da una palla gigante che vuole succhiare via l'aria dal nostro pianeta (metafora che oggi, tra l'altro, fa un po' meno ridere e un po' più pensare).

Prepariamoci. Allacciate le cinture. Perché se tutto va come deve andare, nel 2027 non andremo al cinema a velocità della luce. No, quella è troppo lenta, per gente che ha fretta ma senza stile. Noi ci andremo a Velocità Smodata. E se vedrete una scia reticolata nel cielo, saprete che siamo passati di lì. Che lo Sforzo sia con voi. E anche con la vostra digestione, se incontrate Pizza Margherita.

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