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Il grande squalo rosso ha mangiato Hollywood: Netflix e Warner Bros. firmano il patto d'acciaio da 82 Miliardi

Netflix compra Warner Bros per 70 mld. Analisi dell'affare shock: rivolta Paramount, rischio antitrust e perché il cinema indie potrebbe salvarsi.

È ufficiale. La N Rossa ha ingoiato la storia del cinema in un boccone da record. Tra voti unanimi, spin-off tossici e montagne di contanti, l'industria trema mentre le sale d'essai preparano la resistenza.

[di Massimo Righetti]

Warner Bros - Netflix

Non è più un'ipotesi, né un'allucinazione febbrile da troppa caffeina e grafici di borsa impazziti. È successo. La realtà ha superato la satira quando i dispacci da Burbank hanno confermato l'impensabile: Netflix ha comprato Warner Bros. Discovery per un valore d'impresa totale di 82.7 miliardi di dollari. Avete letto bene. Non stiamo parlando di spiccioli, ma di una cifra che potrebbe comprare un piccolo stato canaglia e avanzare il resto per una flotta di yacht. I consigli di amministrazione, in un gesto di sottomissione corporativa o di pura euforia capitalista, hanno votato all'unanimità per consegnare le chiavi del regno a Ted Sarandos.

Il dettaglio finanziario di questa operazione è osceno nella sua precisione. Il prezzo fissato è di 27.75 dollari per azione, una valutazione che porta il valore azionario totale a 72 miliardi. Ma ecco dove il diavolo si nasconde nei dettagli: gli azionisti non riceveranno solo carta straccia digitale, ma un cocktail micidiale composto da 23.25 dollari in contanti fumanti e 4.50 dollari in azioni comuni Netflix per ogni quota posseduta. È un'iniezione di liquidità diretta nelle vene di un'industria asfittica.

Mentre David Ellison e la sua Paramount Skydance restano a guardare con la rabbia di chi è stato lasciato all'altare, il piano di battaglia prevede una chirurgia d'urgenza. La parte "vecchia" e morente, quella divisione di reti globali ora battezzata Discovery Global, verrà scorporata in una nuova società quotata pubblicamente; un'operazione prevista per il terzo trimestre del 2026. Netflix si prende la polpa succosa, gli studi cinematografici e televisivi Warner Bros., la piattaforma HBO Max e il marchio HBO e lascia lo scheletro della TV via cavo a destreggiarsi nel deserto del mercato.

Ted Sarandos, co-CEO di Netflix, ha celebrato la conquista con la retorica di un imperatore romano: "La nostra missione è sempre stata intrattenere il mondo. Combinando l'incredibile libreria di Warner Bros. — da classici senza tempo come Casablanca e Quarto Potere a Harry Potter e Friends — con i nostri titoli che definiscono la cultura come Stranger Things e Squid Game, saremo in grado di farlo ancora meglio". David Zaslav, CEO di WBD, dal canto suo, ha benedetto l'unione definendola l'incontro tra "due delle più grandi aziende di storytelling al mondo", promettendo che questo garantirà la sopravvivenza delle storie più risonanti per le generazioni future. Greg Peters, l'altro co-CEO, ha rincarato la dose parlando di "accelerare il business per i decenni a venire".

Ma non stappate ancora lo champagne. Tutto questo è soggetto a condizioni normative, il che significa che l'Antitrust sta già caricando le armi. Per questo Netflix ha mantenuto sul tavolo quella famosa Reverse Termination Fee. Per chi non mastica il gergo degli avvocati d'assalto, ecco come funziona questa scommessa folle: se i regolatori dovessero bloccare l'affare, Netflix dovrà staccare un assegno da 5 miliardi a Warner Bros. solo per il disturbo. È fondamentalmente un bonifico di scuse colossale che dice: "Abbiamo provato a comprarvi, il governo ci ha fermato, tenetevi il resto". È una polizza assicurativa mostruosa, un segnale sfacciato che dice al mondo che sono pronti a scommettere il PIL di una nazione sulla loro capacità di schiacciare ogni opposizione legale.

Le implicazioni per chi ama l'odore dei popcorn sono terrificanti. Con Warner Bros. inglobata da un'azienda che considera il cinema un concetto obsoleto, i multiplex rischiano di diventare mausolei vuoti. Le sinergie promesse significano efficienza spietata e un futuro in cui l'algoritmo decide cosa viene prodotto.

Eppure, in questo scenario da terra bruciata, potrebbe nascondersi una strana ironia salvifica. Se Netflix trasformerà i blockbuster in contenuti da consumare sul divano tra un messaggio e l'altro, il vero cinema, quello sporco, umano e imperfetto, dovrà trovarsi una nuova casa. Forse è proprio qui che le sale indipendenti e i cinema d'essai troveranno la loro vendetta. Liberati dalla dittatura dei supereroi in spandex che migreranno sulle piattaforme, i piccoli schermi di quartiere potrebbero tornare a essere l'unico rifugio per l'esperienza comunitaria, per i film che richiedono attenzione, silenzio e rispetto. Mentre i giganti si sbranano per il controllo dei nostri bulbi oculari digitali, le vecchie sale polverose potrebbero diventare le nuove catacombe della resistenza culturale, l'ultimo posto sulla Terra dove la magia non viene trasmessa in streaming, ma vissuta.

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