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Oltre il tremore: Donatella Palermo e l'Arte che salva il mondo

La produttrice Donatella Palermo racconta "Sotto le nuvole" di Rosi e il potere del cinema, "L'arte può salvare le person...

La produttrice Donatella Palermo racconta "Sotto le nuvole" di Rosi e il potere del cinema, "L'arte può salvare le persone".   

[di Alex M. Salgado]

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Donatella Palermo al Teatro Petruzzelli

Esistono serate che si sottraggono al clamore del mondo, varchi temporali custoditi dalle mura di una sala cinematografica. La sera del 14 novembre, al Cinema Azzurro Scipioni, si è compiuto un rito di questa natura. In un angolo di Roma, nel cinema che sa trasformarsi in santuario, veniva presentato Sotto le nuvole, la nuova opera di Gianfranco Rosi che scava nell'anima tellurica di Napoli, al cinema grazie a 01 Distribution. Ma la presenza che ha pervaso lo spazio, ancor prima delle immagini, è stata quella della sua produttrice, Donatella Palermo, donna la cui biografia si intreccia indissolubilmente con la difesa del cinema d'autore.

Sotto le Nuvole - g. Rosi
La sua voce, pacata eppure incisiva, ha tracciato un parallelo tra il film e la vita, tra la terra che Rosi filma e il tempo che abitiamo. Ha parlato di Napoli, certo, ma dicendo di noi. "Vedrete che a Napoli la terra traballa e le persone sono un po' in ansia, però si vedono i vigili del fuoco che sono fantastici". Poi la riflessione si è dilatata, come un'onda sismica che raggiunge la platea: "Io poi a un certo punto mi sono detta: 'Ma anche noi traballiamo'. Putin, Trump, le guerre, tutto quello che succede in questo pianeta. Ogni tanto io mi sento 'a ballare', non ho più le certezze che avevo sei anni fa. Mi dico: 'Però noi non abbiamo i vigili del fuoco da chiamare'".

In questo mondo instabile, dove l'informazione quotidiana genera assuefazione, il cinema di Palermo e Rosi diventa la nostra chiamata d'emergenza, l'unica possibile. La produttrice ha rievocato la genesi di Fuocoammare e la domanda che la assillava: perché l'orrore visto in televisione non smuove più nulla, mentre il suo film sì? "Vedendo i corpi sulle spiagge, bambini annegati, cose terribili, c'era però una sorta di assuefazione. Quando invece noi proiettavamo il film, dove c'è un solo morto che quasi non si vede, le persone uscivano con un sentimento molto forte e dicevano: 'Questa cosa non deve succedere mai più a nessuno'".

La risposta, ha spiegato, è la missione che guida la sua esistenza. "Gianfranco non ha fatto un reportage. Gianfranco ha realizzato Fuocoammare guardando con gli occhi di un artista e restituendo un'opera che è arte cinematografica. Ciò che ha veramente potere nella nostra società è l'arte. Da sempre l'arte è in grado di cambiare la società perché trasmette visioni ed emozioni che altri mezzi non trasmettono. Quindi l'arte ha un potere enorme".

Sotto-le-nuvole
Questo potere esige un lusso che il mercato aborre: il tempo. Un lusso che Donatella Palermo difende con leonina determinazione. Ha raccontato i tre anni di riprese per Sotto le nuvole e il metodo di Rosi. "Lui lavora da solo, praticamente con un assistente; quindi, il tempo è un lusso previsto nei suoi film... diventa invisibile. Il rapporto che ha lui con le persone è un rapporto di fiducia totale. Il tempo, il fatto che sta da solo, crea un'empatia... è chiaro che le persone cambiano con chiunque di noi: se c'è una macchina da presa davanti, cambiamo. Però con lui cambiamo di meno, perché c'è questa fiducia".

La medesima fiducia ha permesso a Rosi di fermarsi, di ritirare il film da un'importante vetrina internazionale perché non era 'finito'. Mancava il respiro. Un respiro che, ha raccontato, è giunto con le musiche di Daniel Blumberg, registrate persino "dentro la vasca da bagno con l'acqua". "Quando io vedo il film con la musica montata... È come se il film avesse acquistato un respiro. E questa è una sensazione meravigliosa".

La sua è una scelta di campo, una coerenza che non ammette compromessi.. "Nessun produttore ha la ricetta per fare un film che funziona al botteghino... Io cerco quello che sento, quello che mi piace, di cui ho bisogno".

Questo istinto, ha spiegato, è lo stesso che l'ha guidata agli esordi della carriera, quando decise di scommettere su chi non aveva santi in paradiso. "È difficile esordire, se non sei dentro il mondo del cinema... ci vuole coraggio già per dire 'io sono un regista'. E quindi io, quando ho cominciato a fare il produttore, dicevo: 'Voglio aprire le porte prima per le persone che non possono esordire'".

Il manifesto di questa filosofia fu Tano da Morire. "E così ho prodotto Roberta Torre: Tano da Morire, un musical sulla mafia. Pensate che cosa!". Ha ricordato con un sorriso la reazione del sistema: "Propongo questo progetto e... mi rispondono: 'Bella idea, facciamola fare a Francesco Rosi'. Ho risposto: 'Vabbè, me ne vado'". Il film alla fine si realizzò, e si realizzò con Roberta alla regia, approdò a Venezia e fu un successo.

Questa dedizione, dagli esordi ai maestri, non è mutata; è un patto di sangue con il tempo. "Fare un film significa dedicarci anni della propria vita, avere un sacco di problemi... pensarci dalla mattina alla sera", ha spiegato. È un investimento esistenziale che non tollera tiepidezza: "Se non ti piace il film, non lo fai; allora vai a fare un altro lavoro". È in questa scelta d'amore che il suo ruolo trascende la dimensione finanziaria e si fa difesa attiva. "Il produttore è un difensore. Il produttore difende il film e il regista". La sua è una dichiarazione di appartenenza, un'adozione di trincea, riassunta in un'immagine di orgoglio materno: "A me, se mi toccano Rosi, io sono qui".

Cesare_deve_morire
Cesare Deve Morire - Paolo e Vittorio Taviani

Ma perché? Perché consacrare la vita a questa difesa? La risposta di Donatella Palermo ha sospeso il tempo della sala, conducendo il pubblico tra le mura di Rebibbia, durante le riprese di Cesare deve morire. "Eravamo tutti nel Braccio 48, il braccio degli ergastolani; erano tutti assassini o pluriassassini. In particolare, ce n'era uno che interpretava Cassio... lui aveva ammazzato sei persone in carcere. Se ammazzi sei persone in carcere, vuol dire che sei proprio un killer che ti chiamano per uccidere". La scena finale di quell'uomo era semplice, ma lui la trasformò. "Si è girato verso la macchina da presa e ci ha lasciati tutti attoniti. Eravamo in una cella: c'eravamo io, i fratelli Taviani e l'operatore. Lui guarda in macchina e dice: 'Adesso che ho conosciuto l'arte, questa cella mi sembra una prigione e devo cambiare tutto'".

Il silenzio in sala è stato infranto dalla chiosa, asciutta e potente, della produttrice: "In effetti, ha iniziato a scrivere e non ha più ucciso nessuno".

Qui risiede il nucleo pulsante del suo lavoro, oltre le logiche del mercato, oltre il tremore del mondo. "Quando ho conosciuto quell'esperienza," ha concluso Donatella Palermo, "ho capito che l'arte può salvare le persone e, di conseguenza, può salvare il mondo".

Uscendo nella notte romana, il "traballare" del mondo di cui aveva parlato all'inizio sembrava, per un istante, placato. Non si pensava più a Napoli, e nemmeno solo a Rebibbia. Si pensava a quella cella, a quel killer che si arresta, e si comprendeva che, in fondo, l'unica vera certezza che possediamo è proprio in quel potere. L'unico vigile del fuoco capace di salvarci.

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Sotto le Nuvole

Durata: 115 min

Genere: documentario

Regia: Gianfranco Rosi

Soggetto: Gianfranco Rosi, Carmelo Marabello, Marie-Pierre Duhamel-Müller

Produttore: Donatella Palermo, Gianfranco Rosi, Paolo Del Brocco

Casa di produzione: 21uno Film, Stemal Entertainment, Rai Cinema

Distribuzione: 01 Distribution

Fotografia: Gianfranco Rosi

Montaggio: Fabrizio Federico

Musiche: Daniel Blumberg

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