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Gemini 3: guida galattica per Creatori sull’orlo di una crisi di nervi

Gemini 3 e Generative UI azzerano il traffico web? Ecco 3 strategie ironiche per creatori che vogliono sopravvivere all'algoritmo di Google.

Gemini 3 e la Generative UI hanno ucciso il clic? Tre strategie paradossali per sopravvivere all'algoritmo: dall'elogio dell'errore alla fuga nell'illeggibilità.

Gemini 3

[di Massimo Righetti]

Il 18 novembre 2025 qualcuno a Mountain View ha premuto un tasto e il mondo ha fatto quel piccolo scatto laterale, quasi impercettibile, che ti fa rovesciare il caffè sui pantaloni. Hanno acceso Gemini 3. Dicono sia il modello più intelligente mai costruito. Dicono abbia capacità di ragionamento profondo. Dicono un sacco di cose e quasi tutte fanno paura.

La verità sta nascosta in un dettaglio tecnico che chiamano Generative UI. Sembra una parola innocua da ingegneri in camicia a maniche corte. Invece è la fine del viaggio.

Pensateci. Fino a ieri, il patto era semplice. Noi umani mettevamo in piedi baracche digitali, siti web, blog, portali, riviste online, e Google ci mandava gente. Noi davamo risposte, loro ci davano traffico. Era un commercio equo, più o meno. Era il Web. Una mappa piena di strade che portavano a casa tua.

Con Gemini 3 la strada sparisce.

Voi chiedete: Voglio organizzare un viaggio a Roma per vedere Caravaggio e mangiare la carbonara senza panna. Prima, il motore vi avrebbe dato dieci link: Tripadvisor, il blog di un romano verace, il sito dei Musei Vaticani. Oggi, Gemini 3 fa una cosa che ha del magico e del terribile insieme. Non vi manda da nessuna parte. Vi tiene lì, immobili. Costruisce l'interfaccia lì, davanti ai vostri occhi, in tempo reale. Genera il codice, disegna i bottoni, impagina le foto, prenota il tavolo e stacca il biglietto. Tutto senza mai farvi uscire dalla pagina di Google, se non per indirizzarvi verso una piattaforma di pagamento (perché mica è fesso, Google).

Hanno ucciso il clic. Sepolto.

È il sogno bagnato dell'utente pigro e l'incubo dell'editore. Se la mappa diventa così dettagliata da contenere tutto il territorio, a che serve viaggiare nel territorio? A nulla. Penske Media Corporation (proprietaria di Rolling Stone e Variety) sta facendo causa per questo proprio in queste ore a Washington, sostenendo che Google usa i loro articoli non per indicarli, ma per sostituirli. Hanno ragione. Eppure, è come fare causa alla marea che sale. Lei sale comunque.

E allora, voi che scrivete, dipingete, componete canzoni o recensite film, vi starete chiedendo: che si fa? Si chiude baracca? Si va a coltivare zucchine bio in Umbria ascoltando il silenzio?

Calmiamoci. Un bel respiro.

Ho letto le note tecniche di rilascio del "nemico". C'è una via d'uscita. E passa per tre mosse fondamentali per sopravvivere nell'era della Interfaccia Generativa senza finire come fossili in una teca digitale.

1. Il Vibe Coding e la rivincita dell'errore

C'è questa novità che chiamano Vibe Coding. Significa che per programmare non serve più conoscere la sintassi spietata di Java o Python. Basta avere il vibe giusto. Tu dici alla macchina fammi un videogioco che sappia di nostalgia anni Ottanta e odori di pizza fredda, e lei scrive il codice. Sembra la fine della competenza tecnica. Forse lo è. Ma è l'inizio dell'era della visione.

La macchina ha due modalità di pensiero, dicono i tecnici: Low Reasoning per le cose veloci e High Reasoning per quelle complesse, dove simula un cervello che riflette, dubita, verifica.

Bene. La macchina è perfetta. La macchina non sbaglia. La macchina esegue il vibe.

Voi dovete fare l'opposto.

Il creatore del futuro sopravvive se vende l'imperfezione. L'errore umano. Lo stile sghembo. La Generative UI vi darà la risposta perfetta sulla trama di Toy Story 5, vi dirà che parla di giocattoli contro iPad, vi farà vedere il trailer. Ma non potrà mai dirvi cosa si prova a piangere guardandolo pensando alla propria infanzia perduta.

Quello è il vostro vibe. Vendete la vostra umanità difettosa. È l'unica cosa che l'algoritmo non sa replicare perché non ha avuto traumi infantili su cui basarsi.

2. Il Ritorno al Corpo (la strategia del sudore)

L'hanno capito i musicisti. L'hanno capito quelli dei Grammy che per il 2026 hanno stabilito una regola ferrea: no umano, no premio.

L'interfaccia generativa può simulare un layout, un testo, un'immagine. Non può simulare la puzza di sudore. La mossa vincente è spostare il valore dove la macchina non arriva. Eventi dal vivo. Community chiuse dove si entra solo guardandosi in faccia. Newsletter che arrivano nella casella di posta come lettere di un amante segreto, non come feed automatici.

Costruite un fossato intorno al vostro castello fatto di relazioni umane dirette. Se Google si prende i passanti, voi tenetevi i residenti. Quelli che non cercano informazioni, cercano appartenenza.

3. Diventare Illegibili (la via dell'Aramaico)

Se Gemini 3 legge tutto, capisce tutto e riassume tutto in una bella interfaccia pulita, l'unica difesa è diventare impossibili da riassumere. Non basta dare informazioni. Bisogna dare senso.

Se il vostro articolo è 10 cose da vedere a Parigi, siete morti. Gemini lo legge in un nanosecondo e lo serve all'utente senza citarvi. Se invece scrivete testi che sono labirinti, dove il senso si nasconde dietro metafore ardite, ironia sottile e riferimenti obliqui... beh, la macchina ci proverà. E fallirà. Il riassunto sarà una poltiglia insipida.

Dovete essere indigesti. Dovete essere il sasso nell'ingranaggio di Antigravity, la nuova piattaforma di agenti autonomi di Google. Fate in modo che l'utente debba venire da voi per capire davvero cosa diavolo stavate dicendo.

Ed è qui che vi saluto. Ho deciso di applicare il terzo punto all'istante. Per sfuggire all'algoritmo che tutto semplifica, la mia scrittura abbandona ora la geometria euclidea per farsi pura spirale, portandomi là dove ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi, navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione e mentre la luna del significato tramonta dietro montagne di subordinate senza ritorno, io danzo, illeggibile e salvo, tra le rovine della grammatica.

Sto scherzando, naturalmente. Torno a scrivere soggetto, verbo e complemento come una persona, quasi, perbene. Anche se, a ben guardare i grafici del traffico web di ieri sera, l'idea di diventare un enigma indecifrabile è una tentazione a cui finirò per cedere davvero.

LEGGI L'ARTICOLO: IA nel Giornalismo: Il Futuro è Adesso (e Fa un Po' Paura, ma Anche No)

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