$type=ticker$count=12$cols=4$cate=0

Maybe Happy Ending a Broadway: Quando l'Identità Va in Scena e il Casting Diventa Politica

La controversia sul casting di "Maybe Happy Ending" a Broadway. Un'analisi dello scontro tra le filosofie "color-blind" e "color-conscious" casting.

La controversia che ha scosso il teatro americano, svelando lo scontro tra l'ideale del casting "color-blind" e la realtà del "color-conscious". 

[di Angelo Bruno]

Darren-Criss-Photo-Credit_-Matthew-Murphy-and-Evan-Zimmerman

Ciò che doveva sancire l'apoteosi di una favola contemporanea si è tramutato in un paradigmatico campo di battaglia sulla rappresentazione nel teatro d'oggi. Maybe Happy Ending, musical di matrice sudcoreana approdato a Broadway, aveva raggiunto il proprio zenit con una vittoria storica ai Tony Awards: Darren Criss, primo interprete asioamericano insignito di tale riconoscimento nel ruolo di protagonista maschile in un musical, sembrava incarnare il compimento di un percorso tanto artistico quanto simbolico. Salutato come pietra miliare per la comunità AAPI (Asian American and Pacific Islander), lo spettacolo è precipitato nel giro di ore al centro di una bufera. L'annuncio della successione di Criss, il ruolo sarebbe passato ad Andrew Barth Feldman, attore bianco, ha innescato una reazione tanto immediata quanto unanime, costringendo i produttori a una fulminea retromarcia. Eppure, questa vicenda travalica la cronaca: essa illumina una delle fratture più profonde del teatro contemporaneo, lo scontro tra due concezioni del mondo inconciliabili, quella del casting "color-blind" e quella "color-conscious".

Il nucleo della disputa risiede precisamente in questo conflitto filosofico. Il "color-blind casting", o casting non-tradizionale, poggia su un assunto di apparente nobiltà: l'appartenenza etnica dell'interprete dovrebbe risultare irrilevante, il talento l'unico discrimine. L'ambizione è forgiare sul palcoscenico un universo ideale, post-razziale, dove chiunque può incarnare chiunque. Tale visione trova espressione nell'intenzione artistica dei creatori dello spettacolo, Will Aronson e Hue Park, i quali hanno concepito i protagonisti robotici come avatar di emozioni universali, interpretabili da attori di qualsivoglia origine.

A questa prospettiva si contrappone con vigore il "color-conscious casting", approccio che considera l'indifferenza alla razza, in una società segnata da disuguaglianze storiche e strutturali, non già come neutralità, ma come complicità tacita con lo status quo e la persistente egemonia degli interpreti bianchi. Il casting "consapevole del colore" rivendica la necessità di considerare il contesto, la specificità culturale di un'opera e, soprattutto, la sistematica penuria di opportunità per gli artisti non bianchi. La levata di scudi della comunità AAPI affonda le radici in questa filosofia. Per loro, la questione non verteva sulla natura metallica di un androide, bensì sulla realtà politica di Broadway, industria dove – attestano i dati, gli attori asiatici conquistano appena il 2,8% dei ruoli da protagonista nei musical. In questo panorama, Maybe Happy Ending rappresentava un'oasi di visibilità, un'opportunità preziosa quanto rara.

La vicenda espone con bruciante chiarezza i limiti dell'idealismo "color-blind". L'impatto della scelta di casting ha travalicato ogni intenzione, riaprendo vecchie ferite sedimentate in decenni di esclusione, come ha scritto l'attore BD Wong in una lettera aperta che ha raccolto migliaia di adesioni. La sua affermazione "siamo incapaci di elevarci al di sopra di una decisione commerciale dei produttori perché la nostra esistenza è intrisa di esclusione" coglie l'essenza del problema. La comunità ha percepito la sostituzione come un atto di cancellazione, un tradimento consumato proprio dopo aver sostenuto uno spettacolo che aveva fatto della propria identità culturale un vessillo.

L'episodio di Maybe Happy Ending si configura dunque come monito eloquente sul perché una porzione crescente dell'industria stia abbandonando un approccio indifferente al colore per abbracciarne uno consapevole, che riconosce identità, storia e potere quali elementi inscindibili dall'arte che sale sul palcoscenico. La lezione per Broadway è cristallina: autenticità e rispetto per la rappresentanza sono assurte a imperativi non solo etici, ma anche strategici. Nel teatro contemporaneo, ignorare il colore non significa trascendere la razza, significa perpetuare l'invisibilità.


COMMENTS

Loaded All Posts Not found any posts VIEW ALL Readmore Reply Cancel reply Delete By Home PAGES POSTS View All RECOMMENDED FOR YOU LABEL ARCHIVE SEARCH ALL POSTS Not found any post match with your request Back Home Sunday Monday Tuesday Wednesday Thursday Friday Saturday Sun Mon Tue Wed Thu Fri Sat January February March April May June July August September October November December Jan Feb Mar Apr May Jun Jul Aug Sep Oct Nov Dec just now 1 minute ago $$1$$ minutes ago 1 hour ago $$1$$ hours ago Yesterday $$1$$ days ago $$1$$ weeks ago more than 5 weeks ago Followers Follow THIS PREMIUM CONTENT IS LOCKED STEP 1: Share to a social network STEP 2: Click the link on your social network Copy All Code Select All Code All codes were copied to your clipboard Can not copy the codes / texts, please press [CTRL]+[C] (or CMD+C with Mac) to copy Table of Content