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L'Occhio Fratturato di Park Chan-wook: Anatomia Visiva di "No Other Choice"

Analisi della tecnica visiva di 'No Other Choice' di Park Chan-wook. Scopri come specchi convessi e inquadrature mappano la discesa psicologica

Oltre il giudizio. Come la regia del maestro coreano, presentata a "Venezia a Roma e nel Lazio", ci precipita nell'abisso psicologico del capitalismo contemporaneo.

[di Massimo Righetti]

Lee Byung-hun - No Other Choice

Nella sala gremita del cinema Giulio Cesare, durante la rassegna Venezia a Roma e nel Lazio, si è materializzato l'incontro con l'ultima, implacabile creazione di Park Chan-wook: No Other Choice (Eojjeol suga eopda). La premessa possiede una trasparenza feroce: Man-soo, esperto dell'industria cartaria forte di venticinque anni di irreprensibile servizio, viene licenziato e, di fronte al collasso del proprio mondo, concepisce l'eliminazione fisica dei suoi rivali per un nuovo impiego.

In un ecosistema critico dominato da recensioni che si affrettano a catalogare, benedire o condannare, questo articolo persegue un proposito diverso. Non ambisce a persuadere alcuno della validità dell'opera — il cinema è arte, e la percezione individuale rimane inviolabile. Intende invece dissezionare un singolo, potentissimo aspetto dell'opera: il modo in cui la macchina da presa di Park Chan-wook diventa il sismografo della disintegrazione psicologica del suo protagonista. Analizzeremo come il suo linguaggio visivo non si limiti a raccontare una storia, ma ci costringa a viverla attraverso lo sguardo fratturato di un uomo comune trasformato in mostro.

GUARDA IL TRAILER: No other choice - Non c'è altra scelta di Park Chan-wook | In concorso a Venezia 82 | Teaser Trailer

La Geometria del Collasso

La regia di Park Chan-wook è pervasa da una precisione chirurgica, una minuzia che si affila progressivamente mentre il caos si abbatte sull'esistenza di Man-soo, una scelta funzionale a un'immersione totale. Il film converte la distorsione ottica in manifestazione diretta della percezione compromessa del protagonista.

Un inseguimento non è mai soltanto un inseguimento. Park lo cattura attraverso specchi stradali convessi, deformando spazio e corpi, trasfigurando una prosaica arteria periferica in un dedalo onirico dove predatori e prede si dissolvono in riflessi grotteschi. Questa scelta trasmuta la realtà oggettiva in esperienza soggettiva, costringendoci a contemplare il mondo con gli occhi di Man-soo: un'arena distorta dove le regole della convivenza civile si sono piegate fino a spezzarsi.

L'Arsenale della Frantumazione

L'inventario di tecniche non convenzionali prosegue, mappando ogni screpolatura nell'anima del protagonista. Un'inquadratura dal fondo di un calice vuoto non costituisce un vezzo stilistico, bensì la trasposizione visiva di un uomo che annega nella propria disperazione, il cui orizzonte si è contratto in un cerchio asfissiante. Park salda la sua invettiva sociale a un'intelligenza cinematografica ludica e terribile.

No Other Choice
Dissolvenze, sovrapposizioni e un montaggio che intreccia la pianificazione degli omicidi con la banalità della vita domestica diventano le articolazioni formali di un tema colossale: tutti noi siamo prigionieri del medesimo incubo socioeconomico e psicologico. La macchina da presa non si limita a osservare Man-soo; respira con lui, sussulta con lui, delira con lui. Lo stile non è cartografia della società, ma delirio febbrile di un singolo individuo che si sgretola.

L'Empatia dell'Orrore

Attraverso questo linguaggio, Park conquista un livello di immedesimazione quasi intollerabile. La violenza, goffa e agghiacciante, è filmata per sottolineare l'inettitudine di Man-soo, innescando un cortocircuito tra comicità e orrore. L'obiettivo indugia sui particolari che rivelano come i suoi bersagli siano, in sostanza, diverse versioni di se stesso: uomini di mezza età, gravati dalle medesime ansie e vulnerabilità.

In questo modo, la regia ci rende complici non tanto delle sue azioni, quanto del suo sguardo. Percepiamo la sua disperazione, decodifichiamo la sua logica distorta e, per la durata della proiezione, il suo occhio fratturato diventa il nostro. No Other Choice dimostra che la vera potenza del cinema di Park Chan-wook non risiede in ciò che rivela, ma nel modo in cui lo rivela, trasformando la visione di un film in un'esperienza viscerale e profondamente disturbante.

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