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L’Intérêt d’Adam: La Ferita dell'Amore Materno

L’Intérêt d’Adam di Laura Wandel a Villa Medici, la ferita dell'amore materno. La recensione di Luci sulla Scena Magazine

Laura Wandel emoziona la platea del Festival di Villa Medici con un dramma che scava nelle pieghe più profonde della cura e della legge.

[di Betty Sellers]

L’Intérêt d’Adam

La seconda serata sul Piazzale dell’Accademia di Francia a Roma, durante il Festival di Villa Medici, è stata segnata da un momento di cinema intenso e coraggioso: la prima italiana di L’Intérêt d’Adam, il nuovo film di Laura Wandel. Sul palco, prima della proiezione, il direttore Sam Stourdzé ha introdotto Elsa Heizmann, Head of Fashion di Chanel, partner del festival e sostenitrice di questa serata. Nel suo discorso, Heizmann ha ricordato il legame profondo tra moda e cinema, non come semplice ornamento estetico, ma come scelta di responsabilità verso la creazione contemporanea e il cinema d’autore. E, citando Tilda Swinton, ha asserito che «Non esisterebbe il cinema senza i festival». Inoltre ha sottolineato come Chanel voglia continuare a dare voce alle opere che rischiano, che scavano nel presente. La presenza di Annamaria Vartolomei, ambasciatrice della maison e protagonista del film, è stata evocata attraverso un video saluto, legando così simbolicamente il mondo della moda a quello di questo racconto ruvido e umano.

Il film, che uscirà a breve nelle sale italiane e francesi dopo il debutto a Cannes grazie a MUBI, si svolge quasi interamente dentro un ospedale pubblico, in un reparto pediatrico. È un luogo chiuso, fatto di corridoi, stanze, attese infinite. Laura Wandel, al suo secondo lungometraggio, ha scelto di immergersi in questo ambiente reale per settimane, osservando da vicino medici, infermieri, genitori, e il sistema che li circonda. L’ospedale diventa un microcosmo dove l’amore e la disperazione si scontrano con le regole, dove il gesto umano si misura ogni giorno con la freddezza delle procedure. L’intenzione della regista non è mai di giudicare, ma di portare lo spettatore accanto ai suoi personaggi, nella loro fragilità e nella loro lotta quotidiana. Lei stessa, sul palco di Villa Medici davanti ad una platea di oltre 500 persone, ha detto di voler far emergere un sentimento semplice ma fondamentale: l’empatia.

GUARDA IL TRAILER: L’INTÉRÊT D'ADAM Bande Annonce (2025) Léa Drucker

La storia è quella di Adam, un bambino di quattro anni ricoverato per malnutrizione. La madre, Rebecca, non vuole lasciarlo, nonostante una decisione del tribunale le imponga di separarsene. Lucy, la capo infermiera, tenta di mediare, di aiutare la madre mentre protegge il bambino, spesso oltrepassando le regole pur di fare la cosa giusta. Lucy è interpretata da una straordinaria Léa Drucker: il suo sguardo intenso contiene la fatica di chi ogni giorno si trova di fronte a decine di storie diverse, storie di malattie improvvise, di violenza domestica, di abbandoni. Lucy non è una semplice infermiera, ma quasi una madre mancata, una figura di cura che tenta di colmare un vuoto. Il suo rapporto con Rebecca è complesso, teso. Si percepisce che tra loro non c’è solo conflitto, ma anche una sorta di specchio segreto: entrambe hanno dovuto crescere un figlio da sole. Lucy vede in Rebecca qualcosa di sé, forse ciò che avrebbe potuto essere in altre circostanze. Rebecca, invece, la percepisce come una minaccia ma anche come l’unica possibile alleata. È uno scontro silenzioso, fatto di piccoli gesti e parole trattenute.

Annamaria Vartolomei restituisce a Rebecca tutta la contraddizione di una madre che ama troppo e che, proprio per questo, rischia di fare del male. Non è una madre perfetta, né un mostro: è una donna fragile, ferita, incapace di riconoscere i propri limiti. Il film la mostra senza pietà ma anche senza condanna. Adam diventa così il centro di una battaglia invisibile tra la libertà di amare e la necessità di proteggere. In questo ruolo, il piccolo Jules Delsart è una rivelazione: la sua presenza dà al film un pathos profondo, un realismo che ricorda certo cinema neorealista, dove il bambino non è solo vittima ma anche specchio delle scelte degli adulti.

La regia di Wandel è asciutta e precisa. La macchina da presa si muove rapida nei corridoi, segue i personaggi in lunghi piani sequenza che catturano la vita dell’ospedale senza artifici. Non ci sono musiche invadenti, né facili emozioni. Solo i rumori delle stanze, i passi veloci, i dialoghi sussurrati. Questo stile amplifica la tensione e ci trascina dentro la storia. Ogni movimento della camera diventa un atto di ascolto.

Il film è anche una riflessione sulla legge e sui limiti della burocrazia. Lucy, ogni giorno, deve scegliere tra il rispetto delle regole e la compassione. Ci sono medici che vedono il loro lavoro come una missione e altri che si aggrappano alle procedure per proteggersi, per sopravvivere in un sistema rigido. Wandel non offre soluzioni, non indica un colpevole: mostra un sistema che spesso fallisce proprio quando vorrebbe proteggere.

L’Intérêt d’Adam
Nel finale, dopo un crescendo di tensione, resta uno spiraglio di speranza. Non una conclusione netta, ma la possibilità che qualcosa cambi, che un legame possa ricomporsi, che un ascolto reciproco possa nascere. È una speranza fragile, come tutte quelle che appartengono alla vita reale. Wandel non la garantisce, ma la lascia intravedere.

Guardando questo film, viene naturale pensare che viviamo in una società di malattie che non sempre si vedono, di ferite invisibili. Non solo negli ospedali, ma ovunque. E che la cura, forse, non sia solo un fatto medico, ma prima di tutto un fatto umano. In certe stanze, tra medici e pazienti, tra madri e figli, tra estranei, nasce qualcosa che può salvare. Non tutti vogliono essere salvati, ma a volte basta una voce che arriva al momento giusto, basta ascoltare l’altro. È questo che rende L’Intérêt d’Adam un film necessario: perché non ci permette di restare indifferenti. Ci chiede di guardare, di sentire, di capire che la fragilità degli altri è anche la nostra.

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