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Il Fascino Ripugnante di Jackson Lamb: Perché l'Antieroe di Slow Horses è lo Specchio della Nostra Società

Scopri l'analisi sociologica di Jackson Lamb. Perché l'antieroe di Slow Horses, interpretato da Gary Oldman, affascina il pubblico globale? Leggi ora.

Il personaggio di Gary Oldman che ha conquistato il pubblico, svela il nostro bisogno di competenza brutale in un mondo di apparenze.

[di Alex M. Salgado]

Gary Oldman - Slow Horses

Nel pantheon degli eroi televisivi contemporanei, raramente un personaggio tanto rivoltante, fisicamente e socialmente, ha esercitato un'attrazione così magnetica. Jackson Lamb, protagonista di Slow Horses alla quinta stagione su Appletv+ e con il rinnovo di altre due stagioni, rappresenta l'antitesi di ogni canone eroico: una macchia di grasso senziente, un individuo la cui igiene personale appartiene a un passato remoto e le cui maniere costituiscono un insulto permanente alla civiltà. Eppure quest'antieroe, incarnato magistralmente da Gary Oldman, è assurto a icona culturale, improbabile stella polare per un pubblico globale pervaso di disillusione. Il suo fascino non risiede in ciò che è, ma in ciò che rappresenta: un antidoto corrosivo alle finzioni della nostra epoca.

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Per decifrare il fenomeno Lamb occorre guardare oltre i calzini bucati e l'alito al whisky. La sua trascuratezza è una maschera, un'armatura di mediocrità meticolosamente edificata per indurre gli altri a sottovalutarlo. La sua rozzezza è uno strumento calibrato, un'arte spionistica affinata nei vicoli di una Berlino lacerata dalla Guerra Fredda. In questo senso, Lamb si inscrive in una stirpe illustre di geni umili, da Socrate al Tenente Colombo, figure la cui apparente inadeguatezza serve a smascherare l'arroganza e l'incompetenza altrui. La sua genialità non necessita di abiti firmati: emerge dal caos che egli stesso orchestra, offrendo una catarsi liberatoria a chiunque si senta soffocato da un mondo ossessionato dal personal branding e dalla cosmesi sociale.

Kristin Scott Thomas, Gary Oldman - Slow Horses
Slough House, il suo regno, trascende la mera definizione di ufficio fatiscente. È un'allegoria satirica del luogo di lavoro contemporaneo, un purgatorio aziendale dove i falliti vengono confinati nella speranza che si auto-espellano, risparmiando ai superiori la seccatura delle procedure burocratiche. In questo microcosmo, che fonde l'angoscia kafkiana di The Office con la paranoia claustrofobica de La Talpa il vero nemico non è un'agenzia di spionaggio rivale, bensì la gerarchia stessa dell'MI5: la corruzione, il narcisismo e la politica autoreferenziale che proliferano ai piani alti. Lamb, con il suo disprezzo viscerale per le "regole di Londra", architettate non per garantire il successo delle operazioni ma per "pararsi il culo", incarna il capo che segretamente tutti desiderano: un leader che, nella sua brutalità, protegge la squadra dalle macchinazioni del potere e privilegia la competenza autentica rispetto alle alchimie politiche. La sua crudeltà è mentorship spietata; li incalza senza pietà perché sa che nel loro mondo "mediocrità e incompetenza sono pericolose. Ti fanno ammazzare".

Slow Horses - Season 5
Questo riflesso di una nazione in crisi non attinge forza da dichiarazioni politiche roboanti, ma dalla soddisfazione profondamente viscerale che offre allo spettatore. Se
James Bond incarnava la baldanza di un impero al tramonto e Jason Bourne il disorientamento dell'onnipotenza americana, Jackson Lamb è la spia della nostra era di aspettative contratte. È lo spettro di un'epoca passata che naviga in un presente di decadenza burocratica. La sua descrizione, "decrepito, ma ancora letale quando viene sfidato", funge da metafora per una Gran Bretagna, e per estensione un Occidente, che si percepisce in declino ma si ostina a non arrendersi. Magari dopo un'altra sigaretta e un commento caustico. Very British, verrebbe da dire. 

Il suo fascino celebra la sostanza a discapito della forma. In un'epoca di leader patinati e comunicazioni ingegnerizzate, la sua autenticità brutale si configura come atto di sovversione. Siamo attratti da lui perché legittima il nostro cinismo verso le istituzioni, offrendo al contempo la speranza che, sotto strati di sporcizia e disillusione, l'intelligenza e un'ostinata bussola morale possano ancora prevalere. È il genio trasandato di cui abbiamo bisogno: un promemoria che la vera competenza non chiede permesso, ma si manifesta, spesso con un rutto e una battuta tagliente, precisamente quando serve di più.

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