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Afanador: il Trionfo della Carne, dove la Fotografia si fa Sangue e Rito

La recensione di Afanador:l'analisi viscerale del capolavoro di Marcos Morau per il Ballet Nacional de España che ha inaugurato il Romaeuropa Festival

La recensione dello spettacolo di Marcos Morau per il Ballet Nacional de España. Un'opera dionisiaca che ha inaugurato il Romaeuropa Festival al Teatro dell'Opera, ridefinendo l'alfabeto del flamenco tra eros, thanatos e sublimazione estetica.

[di Massimo Righetti]

Afanador - Marcos Morau, Rubén Olmo

Il sipario si abbassa sul Teatro dell'Opera di Roma, eppure l'eco di Afanador persiste. Pulsa nelle vene, metamorfosi sismica di fibra e viscere che ha investito la platea con la furia di un'epifania. Definirlo "spettacolo" equivale a sminuirne la portata: ciò che si è consumato nella serata inaugurale del quarantesimo Romaeuropa Festival ha assunto i connotati di un sacrificio dionisiaco, un esorcismo collettivo che ha lacerato il tessuto della rappresentazione per trasmutarsi in esperienza carnale, pulsante, talvolta feroce.

Afanador - Marcos Morau, Rubén Olmo
L'attesa era alta per questa prima collaborazione tra il visionario Marcos Morau e il Ballet Nacional de España – evento che suggella i 160 anni delle relazioni diplomatiche italo-spagnole. Eppure nessuna previsione avrebbe potuto preparare a simile deflagrazione estetica. L'idea di partenza, già di per sé affascinante, nasceva dall'ambizione di tradurre in coreografia le fotografie iconiche di Ruvén Afanador, estratte dai volumi Ángel Gitano e Mil Besos: quelle inquadrature monocromatiche, taglienti come lame, oniriche come apparizioni, che hanno riscritto l'immaginario flamenco svelandone una bellezza mistica e atemporale.

Morau – fotografo e drammaturgo prima ancora che coreografo – compie un'alchimia magistrale. Raccoglie quell'immobilità magnetica, quel silenzio gravido di energia che Afanador cristallizza nell'attimo, e lo libera in un rituale cinetico totalizzante. Il suo idioma corporeo, convulso e millimetrico, fatto di sincronismi ipnotici e frammentazioni nevrotiche, si innesta sulla tradizione flamenca per trasfigurarla completamente. Ne scaturisce una disciplinata convulsione: trentatré danzatori che respirano come un organismo unico, creatura sublime di passione e strazio.

Afanador - Marcos Morau, Rubén Olmo
Lo zapateado impetuoso, l'alterigia dei busti, l'architettura scultorea delle braccia: ogni elemento viene metabolizzato e restituito attraverso una sintassi radicalmente inedita, quasi extraterrestre. La scenografia – un lampo di bianco che fende il nero cosmico – si configura come topografia dell'inconscio, teatro dove prendono forma le visioni di Morau, nutrite dallo sguardo desiderante e deformante del fotografo.

Non esiste trama lineare, ma un flusso di coscienza per immagini, una processione di metafore incandescenti che attraversano eros, thanatos, lutto e desiderio. I corpi dei danzatori, avvolti in neri sudari, si denudano per rivelare non l'anatomia, ma mitologie in movimento. Il chiaroscuro evoca i Caprichos di Goya, mentre la gestualità esplora territori dove il sacro e il profano si confondono in un amplesso indissolubile.

La partitura di Juan Cristóbal Saavedra fornisce l'ossatura rituale: paesaggio sonoro contemporaneo dove percussioni martellanti, rintocchi di campane, canti pasquali e litanie sussurrate si amalgamano con chitarre e voci flamenche, generando una liturgia potente e narcotica.

"Vorrei che la gente venisse a vedere Afanador così, come in certi sogni, dove riconosciamo i luoghi, le persone, i paesaggi e, pur non comprendendo fino in fondo cosa accade loro, sappiamo che parlano di noi" [Marcos Morau]

Afanador - Marcos Morau, Rubén Olmo
L'invito di Morau è stato raccolto. Siamo precipitati in quel sogno lucido, in quello spazio oscuro dove le fotografie hanno iniziato a respirare, sanguinare, palpitare di vita propria.

Al termine, una questione aleggia nell'aria, interrogativo che l'opera implicitamente formula: un balletto nazionale rappresenta un mausoleo o un laboratorio? La risposta del Ballet Nacional de España, sotto la direzione di Rubén Olmo e attraverso la visione di Marcos Morau, risuona categorica e rivoluzionaria. È laboratorio di fuoco, ara sacrificale dove la tradizione non viene museificata ma provocata, decostruita e rigenerata per interpellare con violenza inaudita la contemporaneità.

Afanador si erge come atto di resistenza creativa, esperienza che incide la memoria come cicatrice luminosa.


Afanador - Marcos Morau, Rubén Olmo


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