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Paolo Genovese svela FolleMente: Vi racconto il mio film nato per senso di colpa

Recensione dell'incontro con Paolo Genovese a Roma per FolleMente. Il regista racconta la genesi del film, il cast e la sua filosofia anti-algoritmo.

Dal legame con Perfetti Sconosciuti alla sfida di un set "a scatole cinesi": Paolo Genovese racconta la sua commedia-fenomeno, svelandone la genesi e i segreti in una serata-evento a Piazza Vittorio.

[di Alex M. Salgado]

In una gremita e partecipe Piazza Vittorio, illuminata dalle stelle di Notti di Cinema a Piazza Vittorio, il pubblico ha tributato un lungo e caloroso applauso a FolleMente, l'ultima fatica di Paolo Genovese. Un successo annunciato, capace di far ridere e riflettere in egual misura. A seguire la proiezione, l'incontro con il regista, moderato da Massimo Righetti, ha offerto una preziosa occasione per addentrarsi nel backstage creativo e tematico di un'opera che sta segnando la stagione cinematografica.

La prima rivelazione di Genovese spiazza per la sua disarmante onestà:

“Penso di averlo fatto per senso di colpa questo film, perché avevo voglia di raccontare una storia d'amore di quelle belle, di quelle felici, quelle in cui spero chi ha voglia di innamorarsi in qualche modo. Un senso di colpa nato da Perfetti Sconosciuti, che lasciava gli spettatori forse con la voglia di lasciarti e penso che parecchie coppie si sono anche lasciate. FolleMente nasce quindi come un antidoto, un tentativo di celebrare l'amore e, magari, far riconciliare quelle stesse coppie. Volevo che FolleMente potesse essere una commedia che celebrava l'amore, l'innamoramento in qualche modo."

Non è un'operazione isolata, ma un tassello coerente nel percorso autoriale del regista , che lo lega esplicitamente al suo film del 2016. Entrambi, infatti, esplorano un posto inaccessibile per svelare le nostre fragilità: prima la scatola nera dei cellulari, ora il teatro segreto della mente.

Stimolato da una domanda del pubblico sulla location quasi unica, Genovese sorride e cita un critico che ha definito il suo cinema non una "rom-com", ma una "room-com, una commedia da stanza, che mi piace pure come definizione". L'idea di un adattamento teatrale, già richiesto da molti, lo affascina ma lo lascia cauto:

"Il teatro è molto diverso dal cinema. Nel film, sono io, tramite il montaggio serratissimo e cruciale di Consuelo Catucci, a prendere per mano lo spettatore, decidendo cosa mostrare, saltando tra la realtà della coppia (Edoardo Leo e Pilar Fogliati) e le "sale di controllo" delle loro menti. Replicare questa fluidità sul palco, senza tradirne lo spirito, non è mai così automatico."

Inevitabile, poi, il confronto con Inside Out. Genovese non si sottrae, ma posiziona strategicamente la sua opera nel tempo: rivela che l'idea di FolleMente è ben più datata del film Pixar, molto più vecchia di Inside Out e deriva da più o meno 25 anni fa, perché era nel 2000, nata da uno spot RAI che diceva In ogni abbonato ce ne sono tanti, cerchiamo di accontentarli tutti e già abbozzata nel suo film del 2004, Nessun messaggio in segreteria. Ma la differenza, sottolinea, è concettuale e sostanziale: il capolavoro Pixar mette in scena le emozioni di una bambina; FolleMente esplora le personalità complesse e conflittuali di due adulti, una storia completamente diversa. Una genesi lunga, che ha portato alla coproduzione con Disney, quasi a chiudere un cerchio simbolico.

Il cuore pulsante del film risiede in una scrittura a cinque mani, un'esperienza inedita per il regista: 

"È la prima volta che scrivo un film a cinque mani, ma è stata una cosa progressiva, eravamo tre, poi siamo diventati quattro, alla fine cinque - È qui che si cela uno dei segreti più affascinanti - I conflitti che abbiamo avuto, i diversi punti di vista sono finiti nel film come conflitti tra le personalità che poi hanno determinato delle azioni nei protagonisti. Questo backstage delle nostre riunioni di sceneggiatura è diventato la struttura stessa di un'opera che indaga con leggerezza l'evoluzione del rapporto uomo-donna e le nuove insicurezze del maschile:  Qui soprattutto gli uomini spesso non sappiamo bene cosa fare. Stiamo cercando di rieducarci, di riabituarci a un nuovo modo di relazionarci. Una complessità che ha reso le riprese una vera sfida tecnica, il film più difficile che ho fatto, girato come se fossero tre film distinti: prima abbiamo fatto la coppia Edoardo Leo e Pilar Fogliati, poi settimane dopo abbiamo fatto la testa delle donne, poi la testa degli uomini. Gli attori delle personalità interiori hanno recitato senza vedere la coppia, e la coppia ha interagito con voci fuori campo , in un lavoro di immaginazione e preparazione che ha richiesto un talento straordinario a tutto il cast corale".

Notti di Cinema a Piazza Vittorio
Ma qual è la chiave di un successo così "follemente" grande? Per Genovese, la risposta non risiede in calcoli o formule, ma nell'identificazione emotiva: 

"Uno degli elementi di forza di questo film, ma secondo me di molti film di successo, sia l'immedesimazione con il pubblico, di qualunque genere, sia commedia che dramma. Il mio obiettivo è intercettare di che cosa ha bisogno di parlare la società in un dato momento , creare una specie di patto con lo spettatore che, uscendo dalla sala, pensa: Questo film ha parlato anche un po' di me. È il desiderio di far sentire il pubblico un po' meno solo con le proprie debolezze, le nostre fragilità la vera forza motrice, come fu per Perfetti Sconosciuti e il suo tempismo perfetto nel raccontare il rapporto con il nostro cellulare e quanto questo cellulare stava trasformando profondamente le nostre vite."

Questa visione si traduce in una filosofia che rivendica con forza il primato dell'intuizione sulla formula. In un'industria sempre più orientata a riprodurre successi passati, Genovese scommette sul rischio e sull'idea originale, sull'esplorazione di "tutto ciò che ancora non sappiamo potrebbe piacerci". E FolleMente, con il suo high concept audace e la sua profonda umanità, è la prova più riuscita e applaudita che la sua scommessa è stata vinta.


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