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Jafar Panahi al Festival di Cannes 2025: Il trionfo della resilienza tra applausi e urgenza politica

Jafar Panahi trionfa a Cannes con Un simple accident. Recensione del thriller politico su vendetta, trauma e resilienza. Crudo, teso, con humour nero

Il potente ritorno di Panahi con "It Was Just An Accident": un thriller morale che scuote le coscienze e interroga sul ciclo della violenza. La recensione di Luci Sulla Scena Magazine.

[di Alex M. Salgado]


Il ritorno di Jafar Panahi sulla Croisette per il Festival di Cannes 2025 con Un simple accident (titolo internazionale: It Was Just an Accident) ha rappresentato molto più di una semplice anteprima cinematografica. Si è trattato di un evento carico di significato, potente simbolo di resilienza artistica e di sfida alle avversità. Per la prima volta dal 2003, il regista iraniano ha potuto calcare personalmente il tappeto rosso, dopo la recente revoca di un divieto ventennale di fare cinema e viaggiare impostogli nel 2010. La realizzazione stessa del film, avvenuta in segreto e "illegalmente", sottolinea i continui rischi affrontati da Panahi per la sua arte. L'accoglienza è stata trionfale: una standing ovation di quasi dieci minuti e un discorso commosso del regista, che ha reso omaggio ai colleghi ancora imprigionati in Iran, hanno trasformato la serata in un potente atto politico collettivo.

L'incidente che innesca la vendetta

La narrazione di Un simple accident prende avvio da un evento apparentemente banale: Eghbal (Ebrahim Azizi), alla guida nella periferia di Teheran con la moglie incinta e la figlia, investe un cane randagio. L'incidente danneggia l'auto, costringendolo a fermarsi in un'officina vicina. Qui, Vahid (Vahid Mobasseri), un meccanico segnato da un passato traumatico, riconosce Eghbal non visivamente, ma dal suono caratteristico della sua protesi alla gamba. Eghbal, infatti, è "Gamba di Legno", l'ex guardia carceraria e torturatore di Vahid.

Spinto da un desiderio di vendetta, Vahid rapisce Eghbal e raduna altre vittime del loro comune aguzzino: la fotografa Shiva (Maryam Afshari), la futura sposa Golrokh (Hadis Pakbaten) e l'iracondo Hamid (Mohamad Ali Elyasmehr). Insieme, dovranno confrontarsi con lui e decidere il suo destino, in un teso viaggio nel cuore del trauma e del dilemma morale.

Recensione: L'urgenza necessaria di Panahi, tra classicità e qualche spigolo


Un simple accident si impone come una delle opere più politicamente dirette e schiette di Jafar Panahi, un pugno nello stomaco che conferma il suo status di cineasta essenziale nel panorama contemporaneo. Abbandonando temporaneamente le forme più autoreferenziali e metacinematografiche cui le restrizioni lo avevano costretto (come in This is Not a Film o Taxi), Panahi ritorna a una narrazione più classicamente thriller, che evoca la tensione palpabile de Il Cerchio o Offside.

La forza del film risiede nel magistrale controllo della tensione narrativa, un crescendo implacabile che avvolge lo spettatore in una spirale di colpa, vendetta e ambivalenza morale. La regia è scarna, precisa, quasi chirurgica, affidandosi a caratteristici piani sequenza e inquadrature ampie che lasciano crescere il dramma in maniera organica, senza spettacolarizzazioni superflue. La fotografia di Amin Jafari gioca un ruolo cruciale, con il suo sguardo fermo e osservativo che scruta i volti e i paesaggi desertici, specchio dell'aridità interiore dei protagonisti.

Le interpretazioni del cast corale sono eccezionali. Vahid Mobasseri incarna con dolente intensità il peso del trauma e il fardello della vendetta, mentre Maryam Afshari (Shiva) regala una delle performance più potenti viste al festival, specialmente nella scena che la vede protagonista di una scelta devastante. Panahi riesce a infondere una vena di umorismo nero, quasi da patibolo, che attraversa la pellicola, sottolineando l'assurdità di un sistema oppressivo e offrendo momenti di respiro amaro, come nelle ricorrenti scene di corruzione di funzionari. L'umorismo, come ha sottolineato lo stesso regista, è una forma di resilienza connaturata al popolo iraniano di fronte alla tragedia.

Tuttavia, questa ritrovata classicità e l'urgenza del messaggio politico comportano qualche inevitabile spigolo. Sebbene il film inizi con un prologo potente che aggiunge sfumature al personaggio di Eghbal, la narrazione impiega del tempo per ingranare pienamente. La fusione tonale, che oscilla tra la commedia nera e il dramma più cupo, risulta efficace nel destabilizzare ma potrebbe disorientare una parte di pubblico meno avvezza a simili cambi di registro.

La volontà di "dare voce agli oppressi" e la natura apertamente critica verso il regime iraniano portano a dialoghi che, in alcuni frangenti, possono risultare leggermente appesantiti o declamatori. L'urgenza del messaggio sacrifica a tratti la sottigliezza metaforica che aveva caratterizzato altre opere del periodo del divieto - una scelta comprensibile data la materia trattata, ma che potrebbe far percepire una certa didascalicità. Anche la descrizione dettagliata dei metodi di tortura, pur funzionale alla comprensione del trauma dei personaggi, risulta particolarmente perturbante.

Nonostante queste venature, Un simple accident resta un'opera di lancinante potenza, che riflette sulla natura ciclica della violenza e sull'impossibilità di una vera catarsi attraverso la vendetta. È il cinema della necessità, quello che Panahi sente di dover fare, e che - come egli stesso ha amaramente constatato - "è stato in un certo senso fatto dalla Repubblica Islamica", che imprigionando l'artista gli ha fornito involontariamente nuovo materiale per la sua indomita espressione. Il finale, spiazzante e magnificamente ambiguo, lascia un segno profondo, costringendo a una riflessione che va ben oltre i titoli di coda.


Scheda Tecnica:

  • Titolo Originale: Un simple accident
  • Titolo Internazionale: It Was Just an Accident
  • Regista e Sceneggiatore: Jafar Panahi
  • Paesi di Produzione: Iran, Francia, Lussemburgo
  • Cast Principale: Vahid Mobasseri, Maryam Afshari, Ebrahim Azizi, Hadis Pakbaten, Majid Panahi, Mohamad Ali Elyasmehr
  • Fotografia: Amin Jafari
  • Durata: 105 minuti
  • Genere: Drammatico, Thriller
  • Distribuzione Italiana: Lucky Red

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