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David di Donatello 2025: Luci, Ombre e Un Futuro da Scrivere per il Cinema Italiano

David 2025: le donne registe trionfano! Analisi dei top, flop e delle voci più significative, da Delpero a Avati, per il futuro del cinema italiano.

Un'analisi della 70ª edizione tra premi storici, discorsi che lasciano il segno e le immancabili delusioni, per capire dove sta andando il cinema italiano

[di Alex. M. Salgado]

Maura Delpero

La 70ª edizione dei Premi David di Donatello, andata in scena il 7 maggio 2025 nel cuore di Cinecittà, si è rivelata un crogiolo di emozioni e spunti di riflessione, un vero e proprio termometro dello stato di salute e delle direzioni future del nostro cinema. Tra conferme, sorprese e qualche inevitabile polemica, la serata condotta dall'inedita coppia Elena Sofia Ricci e Mika ha offerto una panoramica complessa, a tratti esaltante, a tratti problematica, dell'industria cinematografica nostrana.  

Il palmarès ha visto il trionfo indiscusso di Vermiglio di Maura Delpero, che ha portato a casa ben sette statuette, tra cui Miglior Film, Miglior Regia e Miglior Sceneggiatura Originale. Un successo che segna un momento storico: per la prima volta in settant'anni, una donna, Maura Delpero, conquista l'ambito premio per la Miglior Regia, un segnale potente di un cambiamento che, si spera, non sia solo episodico. La regista, nel ritirare il premio, ha voluto sottolineare la dignità del "cinema del reale", definendo la sua opera "profondamente antimilitarista" e parlando contro "l'omologazione del linguaggio".  

Altrettanto significativa l'affermazione di Margherita Vicario, Miglior Regista Esordiente per Gloria!, che ha lanciato un accorato appello: "Il talento è equamente distribuito, ma le opportunità no", auspicando maggiori investimenti nell'industria cinematografica, nell'istruzione e nella sanità e "un po' meno nelle armi". Anche L'arte della gioia di Valeria Golino ha brillato, portando a casa tre premi importanti, tra cui Miglior Attrice Protagonista per Tecla Insolia e Miglior Attrice Non Protagonista per Valeria Bruni Tedeschi. Elio Germano si è confermato Miglior Attore Protagonista per Berlinguer – La grande ambizione, dedicando il premio "a chi lotta per la parità di dignità", con un pensiero specifico alla situazione israelo-palestinese.  

I Top della Serata: Emozioni e Messaggi Forti

  • Il Trionfo delle Donne: Senza dubbio, il top più luminoso è stata la consacrazione del talento femminile. La vittoria di Maura Delpero, i riconoscimenti a Margherita Vicario e il successo de L'arte della gioia diretto da Valeria Golino hanno impresso una svolta storica, notata anche dalla stampa internazionale come Variety che ha titolato "Women Dominate Italy's David di Donatello Awards".  
  • La Potenza dei Discorsi - Quando il palco diventa Agorà: Uno dei veri culmini emotivi e intellettuali della 70ª edizione dei David di Donatello è stata, senza ombra di dubbio, la straordinaria qualità e l'impegno civile che hanno pervaso alcuni (non troppi per la verità) discorsi di accettazione. Non semplici ringraziamenti di circostanza, ma vere e proprie prese di posizione, riflessioni profonde che hanno trasformato il palco di Cinecittà in un'autentica agorà contemporanea. Le parole dei premiati hanno risuonato con forza, elevando il tenore della cerimonia e offrendo spunti cruciali di dibattito.

    Maura Delpero, trionfatrice della serata, ha offerto interventi carichi di significato, ricordando la dignità del "cinema del reale che non è un cinema minore, anzi" – e definendo il suo Vermiglio un film profondamente antimilitarista, di tragica attualità. Ha inoltre difeso l'originalità espressiva contro l'omologazione del linguaggio, un vero e proprio manifesto per la libertà creativa.

    Altrettanto incisiva Margherita Vicario, che con il suo appello "Il talento è equamente distribuito, ma le opportunità no", ha toccato un nervo scoperto dell'industria, per poi lanciare una vibrante richiesta alla politica: "Spero che i nostri politici decidano di investire miliardi nell'industria cinematografica e un po' meno nelle armi", parole che hanno scatenato applausi convinti.

    Elio Germano, con la consueta passione civile, ha dedicato il suo premio "a chi lotta per la parità di dignità", includendo un riferimento diretto e coraggioso: "un palestinese deve avere la stessa dignità di un israeliano", portando al centro della scena un tema drammaticamente attuale e raccogliendo un caloroso consenso.

    Elio Germano

    E come dimenticare l'intervento di Francesca Mannocchi, premiata per il Miglior Documentario con Lirica Ucraina, che ha dedicato il riconoscimento "ai 20mila bambini della striscia di Gaza e a tutti quelli che continuano a morire mentre noi siamo qui a festeggiare". Anche altri interventi, come quello di Stefano Sardo, co-sceneggiatore de L'arte della gioia, hanno toccato corde profonde, ricordando che "Dall'altra parte del mare c'è qualcuno che sta rubando la gioia alle persone".

  • Pupi Avati e Elena Sofia Ricci
    La Critica Costruttiva di Pupi Avati, Un Faro sulla Realtà del Cinema Indipendente: Insignito del meritato David alla Carriera, il maestro Pupi Avati ha regalato alla platea uno dei momenti di più profonda e schietta riflessione della serata. Lungi dal limitarsi a un ringraziamento formale, Avati ha colto l'occasione per puntare i riflettori su una verità spesso trascurata nel glamour degli eventi celebrativi. Con parole incisive e dirette, ha dichiarato: "Qui c'è opulenza, nel cinema italiano ci sono piccole società indipendenti che fanno una fatica pazzesca". Questa frase, tanto semplice quanto potente, ha squarciato il velo dell'autocelebrazione, mettendo a nudo il forte contrasto tra lo sfarzo della cerimonia e le quotidiane difficoltà affrontate da una larga parte del tessuto produttivo cinematografico italiano. Il suo intervento non è stato un lamento sterile, ma una critica costruttiva, la voce autorevole di chi conosce profondamente le dinamiche del settore e non teme di evidenziarne le contraddizioni. Questo grido d'allarme, proveniente da una figura così rispettata, ha l'ambizione di stimolare una riflessione più ampia e urgente sulle politiche di sostegno al cinema, sulla distribuzione delle risorse e, in definitiva, sul futuro stesso del cinema d'autore indipendente nel nostro Paese. È un invito a non dimenticare che dietro le luci della ribalta esiste un mondo di professionisti che lottano con passione e pochi mezzi per continuare a creare e a raccontare storie.
  • L'Omaggio a Eleonora Giorgi: Il tributo all'attrice scomparsa, interpretato da Mika e Claudio Santamaria, è stato un momento di grande commozione, universalmente apprezzato.   
  • Glamour Internazionale (con Moderazione): La presenza di Timothée Chalamet, che ha dichiarato di sentire una "connessione profonda con l'Italia", ha certamente aggiunto un tocco di divismo internazionale.  

I Flop: Quando la Lunga Notte Pesa, Stupisce (e un po' Sbadiglia)

  • Parthenope a Bocca Asciutta (Anzi, Asciuttissima!): La più grande delusione, il vero "cappotto" della serata, è stata la totale, quasi assordante, assenza di premi per Parthenope di Paolo Sorrentino nonostante le quindici candidature. Un esito che ha lasciato tutti a bocca aperta, più di un finale a sorpresa di un thriller psicologico. Il film, definito "visionario, barocco, provocante", deve aver provocato la giuria a tal punto da lasciarlo completamente a mani vuote, alimentando dibattiti degni di un cineforum infervorato sulle misteriose vie del voto accademico.  

  • Berlinguer – La Grande Ambizione (e la Piccola Raccolta): Parlando di favoriti con tante nomination, non si può non menzionare Berlinguer – La grande ambizione. Anche lui partiva con un carico di ben quindici candidature, alla pari con Sorrentino. E alla fine? Un premio, quello strameritato a Elio Germano come Miglior Attore Protagonista. Un po' come organizzare una festa per cento persone e presentarsi solo in dieci, ma quei dieci sono i migliori. Un "flop parziale", dunque, più per le aspettative create che per demeriti assoluti, ma che fa comunque riflettere su come le previsioni della vigilia possano talvolta prendere delle cantonate memorabili.   

  • La Durata Interminabile: Mission (Im)Possible Tenere gli Occhi Aperti: Ah, la lunghezza! Un classico intramontabile delle serate di premiazione, e i David 2025 non hanno voluto essere da meno, anzi! Iniziata già con un comodo ritardo sulle 22:00, la cerimonia si è protratta "per molti, troppi minuti dopo", trasformandosi in una maratona di resistenza per il pubblico a casa e, sospettiamo, anche per qualche ospite in sala. Quei "giri a vuoto" e quella generale "lungaggine" hanno messo a dura prova anche il più cinefilo degli spettatori. Un po' come quel film d'autore meraviglioso come quelli di Lav Diaz, che però, alla terza ora, ti fa segretamente desiderare i titoli di coda come un miraggio nel deserto. 

  • Conduzione a Intermittenza - Due Solisti Anziché un Duetto: La coppia di presentatori, l'effervescente Elena Sofia Ricci e l'eclettico Mika, pur ricevendo individualmente valutazioni anche discrete, sul palco è apparsa a tratti scombinata. L'impressione, a volte, era che stessero seguendo due spartiti diversi, con qualche papera  in diretta (ammessa con autoironia dalla stessa Ricci) che, se da un lato strappava un sorriso, dall'altro non contribuiva certo a dare fluidità a una serata già di per sé pachidermica. Forse serviva un direttore d'orchestra più che due ottimi solisti.  

  • L'Imprevisto Tecnico - Cocciante Contro il Microfono Ribelle: Aggiungiamo al cocktail un problema tecnico durante l'esibizione del grande Riccardo Cocciante, costretto a lasciare momentaneamente il palco per poi ritornare. Un piccolo intoppo che ha ulteriormente contribuito ad allungare i tempi di una diretta che sembrava non voler finire mai. Cose che capitano, certo, ma quando si sommano a tutto il resto, l'effetto "sospiro collettivo" è garantito.

Insomma, tra grandi film ignorati e tempi biblici, anche questa edizione dei David ha avuto i suoi momenti da "vorrei ma non posso", che però, ammettiamolo, rendono il tutto un po' più umano e divertente da commentare il giorno dopo. Resta comunque alla fine la sensazione di un cinema italiano vivo, capace di raccontare storie potenti e di interrogarsi sul presente, ma che deve ancora trovare un equilibrio sostenibile tra celebrazione e concretezza, tra il richiamo internazionale e la valorizzazione autentica dei propri talenti.

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