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Performing Architecture: Indagine sulla Relazione tra Corpo e Spazio nelle Periferie Milanesi

Performing Architecture Milano

Carolina Amoretti, Fantastudio. Foto Laura Baiardini
 [di Mina Jane]

Si svolge a Milano, nel corso del 2025, il progetto Performing Architecture, un'iniziativa che si delinea come una significativa piattaforma di ricerca e intervento sul campo, dedicata all'esplorazione delle intersezioni tra la disciplina architettonica, le pratiche performative contemporanee e il complesso tessuto urbano. Il festival concentra la propria indagine sulle aree periferiche della metropoli lombarda, proponendosi di investigare le modalità attraverso cui lo spazio costruito viene attivato, interpretato e trasformato dal corpo in azione. Performing Architecture emerge come un'articolata investigazione sulla dimensione performativa dell'architettura, intesa come campo di forze attivato dalla presenza e dall'azione. Attraverso un programma interdisciplinare radicato nei contesti specifici delle periferie milanesi, il festival stimola una riconsiderazione critica del rapporto tra forma costruita, esperienza corporea e dinamiche sociali, offrendo spunti preziosi per immaginare futuri possibili per la città contemporanea.

Framework Concettuale e Territori d'Indagine

Il presupposto teorico da cui muove Performing Architecture risiede nella concezione dell'architettura non come entità statica, ma come dispositivo dinamico, intrinsecamente legato all'esperienza e all'azione umana. Il festival si interroga su come la performance – sia essa danza, teatro, musica o intervento artistico site-specific – possa disvelare qualità latenti, generare nuove narrazioni o mettere in discussione le funzioni codificate degli ambienti urbani. La scelta programmatica di focalizzarsi sulle periferie di Milano appare strategica: si tratta di contesti spesso marginalizzati dal discorso culturale dominante, che qui diventano laboratori privilegiati per sperimentare forme alternative di rigenerazione urbana e di riappropriazione dello spazio pubblico. L'approccio adottato rifiuta una visione dello spazio come mero contenitore, privilegiandone invece la dimensione relazionale e processuale.

Performing Architecture è dunque un percorso che raggiungerà cinque aree di Milano:

BARONA: Il concetto di giustizia acustica sarà al centro dell'intervento a Barona, presso Barrio’s. Qui, in collaborazione con Studio Latte, si indagherà l'ambiente sonoro urbano dal punto di vista delle giovani generazioni che abitano e immaginano questi spazi.

CHIARAVALLE: Il quartiere di Chiaravalle vedrà la collaborazione tra il duo di architetti Lemonot e il performer Alberonero. Insieme daranno vita a un dispositivo performativo concepito come materializzazione di una riflessione sul nesso clima-cibo, operando all'interno dei principi dell'architettura nomade e del Terzo Paesaggio.

CORVETTO: A Corvetto, presso DOPO?, l'artista Caterina Gobbi interverrà sullo spazio e sul suono per creare un'atmosfera di oasi urbana. Il suo lavoro sarà in dialogo con le proposte riflessive del progetto di ricerca Altrove, offrendo una pausa dalla frenesia metropolitana.

TORTONA: Un'oasi di morbidezza e pausa nel cuore pulsante di Tortona. la Ground Hall di BASE Milano si trasforma con "Another Week" di Matilde Cassani Studio. L'installazione invita a "stare", a ritrovare convivialità e condivisione in uno spazio ovattato. Frutto di una ricerca sui luoghi "nascosti" della metropoli, il progetto offre una dimensione sospesa di benessere, un contrappunto necessario al ritmo frenetico delle "week milanesi", momenti in cui la città è vissuta al suo apice. L'apertura durante l'Art Week sottolinea, forse non a caso, questo dialogo tra effervescenza e quiete.

STADERA: Un dialogo tra Fantastudio e Sara Ricciardi Studio si svilupperà a Stadera, concentrandosi sul tema del corpo. Il progetto si propone di intercettare e articolare le connessioni tra le pratiche di cura e le istanze del femminismo.

Performing Architecture, 2025. Little Fun Palace. Ph. Rosa Lacavalla

Metodologie e Interventi nel Tessuto Urbano

La struttura programmatica di Performing Architecture si distingue per un marcato carattere interdisciplinare, chiamando a collaborare figure professionali diverse: architetti, urbanisti, artisti visivi, performer, coreografi, musicisti e ricercatori accademici. Gli interventi previsti si articolano in una pluralità di formati: dalle performance site-specific, concepite in stretta relazione con le specificità architettoniche, storiche e sociali dei luoghi selezionati, alle installazioni effimere che ne alterano temporaneamente la percezione e la fruibilità. Si aggiungono laboratori partecipativi, mirati a stimolare un coinvolgimento attivo delle comunità residenti, e momenti di approfondimento teorico quali talk e tavole rotonde, volti a contestualizzare le pratiche artistiche all'interno di un dibattito più ampio sulla relazione tra architettura e corpo, tra ambiente costruito e vita sociale. La curatela del progetto (presumibilmente legata a istituzioni come l'Ordine degli Architetti di Milano o atenei) mira a orchestrare questi diversi contributi in un discorso coerente, capace di mappare le potenzialità inespresse dei contesti periferici.

Rilevanza nel Contesto Culturale e Urbano Contemporaneo

Performing Architecture si colloca con pertinenza all'interno delle riflessioni più attuali riguardanti il ruolo dell'arte e della cultura nei processi di trasformazione urbana e nella definizione di nuove forme di cittadinanza attiva. Mettendo in discussione la tradizionale separazione tra discipline, il festival promuove un approccio integrato alla comprensione e alla progettazione dello spazio abitato. La sua attenzione specifica alle periferie milanesi lo rende un osservatorio interessante sulle dinamiche di sviluppo della città contemporanea, sfidando le gerarchie territoriali consolidate e proponendo la cultura come motore di inclusione e di rilettura critica del territorio. L'iniziativa si configura, dunque, come un contributo rilevante non solo per il panorama artistico e architettonico locale, ma anche per il dibattito internazionale sulle pratiche performative nello spazio pubblico.

 

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