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Da Medico a Prof (quasi!): Thomas Lilti ci Racconta la Sua "Guida pratica per insegnanti"

Guida pratica per insegnanti


[di Alex M. Salgado]

Se avete amato film come Ippocrate o Il medico di campagna, probabilmente conoscete Thomas Lilti, il regista che ci ha portato con un realismo pazzesco tra le corsie d'ospedale. Beh, tenetevi forte: con il suo nuovo film, "Guida pratica per insegnanti" distribuito in Italia da Movies Inspired, Lilti cambia camice (si fa per dire!) ed entra in un'aula scolastica.

Ma cosa spinge un regista famoso per i suoi medical drama a puntare i riflettori sul mondo, spesso sottovalutato ma fondamentale, degli insegnanti? Perché raccontare proprio loro, oggi, in un'istituzione definita "sempre più fragile"? È solo un cambio di argomento o c'è di più?

Abbiamo avuto la possibilità di scoprirlo direttamente dalle sue parole dove Lilti ci apre le porte del suo processo creativo, ci svela la sua passione per il realismo quasi "diagnostico", il legame personale con questo mondo e perché, secondo lui, dobbiamo prenderci cura di chi si dedica alla missione universale di trasmettere il sapere.

Finora quasi tutti i tuoi film parlavano di medicina. Pensi di aver concluso un ciclo?

Con Ippocrate, Il medico di campagna e Il primo anno, quasi senza volerlo, ho realizzato una sorta di trilogia. Anche se la serie Hippocrate, di cui ho appena concluso le riprese della prima parte della terza stagione, mi ha tenuto parecchio occupato, sapevo che il mio ritorno al cinema sarebbe stato su un tema diverso. Guida pratica per insegnanti, film corale, narrativamente composito, è simile ai miei precedenti lungometraggi, perché ancora una volta affronto la finzione passando attraverso la realtà, ma soprattutto perché continuo a sollevare la questione dell'impegno attraverso un mestiere. L'impegno dei medici è stato al centro del mio lavoro per più di dieci anni, ora ho voluto occuparmi degli insegnanti. Come trovare il senso di esercitare una professione sempre più denigrata, impoverita, declassata? La volontà di raccontare la vita di un gruppo di professori di una scuola secondaria (collegio) nasce dal desiderio di osservarli per comprendere meglio l'essenza della loro professione. Da dove traggono la motivazione a insegnare in condizioni cosi avverse, in un'istituzione sempre più fragile? Che alunni sono stati in passato? Che genitori sono diventati? Che fine ha fatto la loro vocazione? Anche se insegnare non è curare e non è in gioco la vita, gli insegnanti sono i garanti di una missione universale: la trasmissione del sapere. Questa responsabilità, grande e nobile, oggi gode di scarsa considerazione.

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In un mondo basato sul profitto, il sapere non si vende, ma si condivide; è la base di una società. È l'idea più bella che ci sia: non si può essere privati di un sapere. Guida pratica per insegnanti parte da questa considerazione e dalla voglia di fare un ritratto realistico di donne e uomini che ci accompagnano dalla nostra infanzia. Paradossalmente molti di loro non hanno mai lasciato la scuola.

La storia di Guida pratica per insegnanti nasce dalla voglia di riabilitare i professori?

Nella mia famiglia ci sono molti insegnanti, tra cui mia madre che era professoressa di francese, e ammiravo il coinvolgimento che richiedeva. Ma al di là del suo impegno, sentivo che la scuola era per lei, come per molte donne degli anni Ottanta, un luogo di emancipazione. Non voglio trasmettere l'idea che gli insegnanti siano degli eroi, ma che bisogna prendersi cura di loro e che l'educazione pubblica è un bene prezioso. Volevo mostrare, all'interno di questa grossa macchina, uomini e donne il cui desiderio di essere insegnanti è rivelatore di un senso dell'altro, di una coscienza della collettività, dell'importanza della scuola per nutrire i legami sociali e trasmettere dei valori. Oggi i miei personaggi non fanno eccezione: come in tutti i mestieri d'interesse pubblico, si confrontano con delle disfunzioni, con la violenza della società, ma anche con le proprie contraddizioni e insufficienze, con la propria impotenza, o con correnti avverse che li portano a fallire nel loro compito.

In Guida pratica per insegnanti si percepisce un'attenzione particolare alla resa realistica del mondo scolastico e alla vita di una scuola secondaria. Che tipo di lavoro hai fatto?

L'attenzione alla riproduzione della realtà è un elemento essenziale del mio lavoro. Devo conoscere al meglio un universo per sentirmi autorizzato a raccontarlo e a inserirvi una dimensione romanzata. Questo confronto tra realtà e racconto romanzato è la chiave di volta di tutto il mio approccio registico. Questo ha richiesto, più che nei miei precedenti film, un enorme lavoro preparatorio di documentazione. Prima ancora di scrivere la prima riga di sceneggiatura, mi butto a leggere e guardare il maggior numero di documenti possibili sull'argomento, essenzialmente testimonianze. Guardo trasmissioni televisive, telegiornali, periodici, ma leggo anche blog, riviste e saggi di sociologia... Progressivamente mi immergo nel soggetto. Non mi ispiro mai a opere di finzione. Questo lungo lavoro preparatorio mi permette di intravedere progressivamente il mio terreno di gioco come se l'avessi conosciuto io stesso. È solo a questo punto che possono nascere i personaggi. In generale, sono una miscela più o meno riuscita di me stesso, dell'attore o dell'attrice che ho in mente e dei personaggi intravisti nel corso del mio lavoro di documentazione. Penso che il realismo affiori da questa fusione approssimativa. E il lavoro sulla scena va in questa stessa direzione: lasciare lo spazio ai personaggi per svelarsi, non limitarsi alle parti scritte, inventare continuamente nuovi dialoghi, permettere alla vita di invadere progressivamente gli interstizi. Girare molto e rimettere continuamente in discussione la sceneggiatura.

E poi, durante i due anni di lavorazione, avevo le antenne particolarmente sensibi
li quando venivo convocato, come ogni genitore, a un'assemblea di classe o talvolta nell'ufficio dell'educatore scolastico. Oggi mi sento di dire che il mestiere di medico ha influenzato il mio sguardo sulle cose. Ha sviluppato un particolare senso dell'osservazione. Sono sinceramente convinto di filmare come un dottore: osservo, mi soffermo sui dettagli, analizzo, faccio diagnosi... I miei personaggi sono diventati i miei pazienti.

I titoli di testa sembrano immagini d'archivio. Perché questa scelta?

La scuola fa parte delle nostre vite, da bambini, da adulti, da genitori, generazione dopo generazione. Ciascuno vi trova una madeleine proustiana che ci ricorda quanto la scuola sia centrale nelle nostre vite. Quelle poche immagini illustrano anche l'evoluzione della posizione sociale dell'insegnante: più verticale cinquanta anni fa, più orizzontale oggi. Due cose però sono immutabili: gli alunni, individui in formazione per i quali la scuola è al centro della vita, e l'impegno degli insegnanti, la cui missione è sempre la trasmissione del sapere e l'educazione alla vita di gruppo.

L'educazione fa sorgere spontanea la questione della legittimità, che ritorna regolarmente nel tuo film.

La domanda che attraversa i personaggi del film è "sono un bravo professore?" Ognuno di loro si interroga, a un certo punto del film, sulle proprie qualità, competenze, azioni. Nel momento in cui il personaggio interpretato da Vincent Lacoste entra in conflitto con uno dei suoi alunni, non può evitare di farsi un esame di coscienza e questa messa in discussione è inevitabilmente dolorosa. Ma è certamente una prerogativa dei bravi professori, perché insegnare è un mestiere profondamente conflittuale. Ogni giorno l'insegnante si trova da solo di fronte alla sua classe. Non mi interessa tanto sapere se un professore ha le qualità per insegnare, quanto piuttosto conoscere come gli attacchi permanenti risuonano nel suo intimo. Sento che la loro salvezza passi dal gruppo, il solo modo per superare gli ostacoli.


Aprendo la porta della sala insegnanti, c'è anche l'idea di farci entrare in un mondo proibito?

In effetti è stato uno dei piaceri che mi sono concesso, perché sono sempre stato affascinato dalla sala insegnanti. Quando mia madre me ne parlava, da piccolo, ne ero incuriosito. Era il dietro le quinte che noi immaginavamo in classe? I professori severi all'improvviso si rilassavano? C'erano delle amicizie? Delle storie d'amore? Delle rivalità? Da studenti non conosciamo niente della vita intima dei nostri professori, ignoriamo persino i loro nomi propri. Forse è questa curiosità che mi ha spinto a fare il film. D'altra parte, la mia prima idea era quella di parlare degli insegnanti di una scuola secondaria senza mai mostrare gli alunni, ma era troppo teorico. Ho subito capito che non potevamo accedere all'intimità dei nostri professori astraendoci dall'essenza del loro mestiere: il legame con la classe e i loro studenti.

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GUIDA PRATICA PER INSEGNANTI

 

Titolo originale: Un métier sérieux
Regia: Thomas Lilti

Con: Vincent Lacoste, François Cluzet, Louise Bourgoin

Nazione: Francia
Durata: 101 min

Data d'uscita: 17 aprile 2025

Distribuzione: Movies Inspired

 

SINOSSI
È finita l’estate. Pierre, Meriem, Fouad, Sophie, Sandrine, Alix e Sofiane, un gruppo impegnato e unito di insegnanti di una scuola secondaria, si ritrovano per iniziare un nuovo anno scolastico. Si unisce al gruppo Benjamin, un giovane supplente alla prima esperienza che presto si trova a confrontarsi con le difficoltà del mestiere. Grazie a loro scoprirà quanto sia viva la passione per l’insegnamento all’interno di un’istituzione sempre più fragile.

Grazie a Federica Aliano, Ufficio Stampa Movies Inspired

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