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No Other Land: Cosa Significa Guardare un Film sulla Cancellazione Quando il Suo Creatore è Stato Cancellato

No Other Land. L'omicidio di Awdah Hathaleen rende il film un atto civile necessario per capire la cancellazione e l'impunità in Palestina

L'omicidio di Awdah Hathaleen, collaboratore del documentario premio Oscar, non è un epilogo, ma la prova vivente della sua tesi. Una recensione che è anche un atto d'accusa contro un sistema di impunità e un appello a vedere un film che è diventato, tragicamente, una scena del crimine.

[di Massimo Righetti]

Cosa significa guardare un film sulla cancellazione di un popolo quando uno dei suoi stessi creatori è appena stato cancellato? Questa non è una domanda retorica. È la lente devastante attraverso cui oggi siamo costretti a vedere No Other Land, il documentario premio Oscar sulla resistenza palestinese a Masafer Yatta. Il 28 luglio 2025, Awdah Hathaleen, 31 anni, padre di tre figli, insegnante, giornalista e collaboratore chiave del film, è stato ucciso. Il suo omicidio non è una postilla alla storia del documentario, ma la brutale messa in scena del suo messaggio centrale. Annulla ogni distanza tra spettatore e schermo, trasformando l'opera in un atto d'accusa vivo e continuo. Guardare No Other Land oggi non è più soltanto un atto culturale; è un dovere civile, un modo per impedire che la sua voce, e la sua morte, vengano messe a tacere.

Awdah Hathaleen (Eldad Rafaeli)
Per comprendere il film, bisogna prima comprendere chi era Awdah. Non una vittima passiva, ma quello che l'attivista Micol Hassan ha definito un umanista radicale, un pilastro della sua comunità di Umm al-Khair. Insegnava inglese ai bambini per dare alla generazione successiva gli strumenti per raccontare la propria storia al mondo. Ha costruito un campo da calcio per creare spazi di normalità in mezzo all'occupazione. Come giornalista per la rivista israelo-palestinese +972 Magazine, traduceva la lotta del suo popolo per il mondo, scrivendo di come l'occupazione condanni a un trauma multigenerazionale e di come "un allevamento di polli israeliano abbia più diritti di un villaggio palestinese". La sua vita era interamente dedicata alla resistenza nonviolenta, racchiusa nel suo motto:

Voglio vivere in pace. Voglio crescere i miei figli in pace. Non voglio che vivano l'occupazione.
Proprio questa efficacia comunicativa lo rendeva un bersaglio.

L'omicidio stesso è un microcosmo perfetto della tesi del film. Secondo le testimonianze e le analisi video, un noto colono estremista, Yinon Levi, è entrato in un terreno privato con un escavatore, distruggendo ulivi e la conduttura idrica del villaggio. Quando i residenti hanno protestato, Levi ha aperto il fuoco. Awdah Hathaleen, che si trovava a distanza sul campo da basket del centro comunitario, è stato colpito al petto ed è morto. La sua morte rappresenta l'atto finale di cancellazione, come ha scritto il suo amico e co-regista del film, Basel Adra

Il mio caro amico Awdah è stato massacrato... È così che Israele ci cancella — una vita alla volta.

È ciò che è accaduto dopo l'omicidio che cementa definitivamente la tesi di No Other Land sull'impunità sistemica. Yinon Levi, cittadino israeliano già sanzionato da USA, Regno Unito e Unione Europea per la sua violenza — sanzioni poi revocate dall'amministrazione Trump — è stato rapidamente rilasciato agli arresti domiciliari, con la polizia che suggeriva la legittima difesa. Al contrario, quattro parenti di Hathaleen sono stati arrestati dall'esercito e tenuti in carcere sotto la legge militare. Come ha amaramente riassunto il co-regista israeliano Yuval Abraham, si tratta di "un sistema che punisce le vittime (soggette alla legge militare) e premia chi spara (soggetto alla legge civile)". La cancellazione è proseguita implacabile: l'esercito ha fatto irruzione nella tenda del lutto, ha dichiarato il villaggio zona militare chiusa e si è rifiutato di restituire il corpo alla famiglia, negandogli persino una sepoltura nella sua terra.

L'omicidio di Awdah Hathaleen funge da brutale e non richiesto sequel di No Other Land. Ogni tema del film trova ora nella sua morte una validazione tragica e definitiva. La cancellazione? È iniziata con la distruzione di una conduttura idrica e si è conclusa con la sua eliminazione fisica. La telecamera come arma nonviolenta? È stato ucciso proprio per aver praticato quel principio. Il trauma multigenerazionale? La sua paura più grande, che i suoi figli dovessero soffrire come lui, è stata tragicamente realizzata. La sua morte frantuma ogni comoda distanza per lo spettatore. Il documentario non è più semplicemente un film: è diventato una scena del crimine attiva.

GUARDA IL TRAILER DEL FILM: "No Other Land", Premio #oscars "Miglior Documentario" Trailer Ufficiale | Wanted Cinema

Mentre la comunità internazionale si è svegliata dal torpore e ha condannato l'evento con parole di inusuale durezza — "assassinio" e "terrorismo" per il Ministero degli Esteri francese, "omicidio a sangue freddo" per Amnesty International — l'impunità locale regna sovrana. Per questo vedere No Other Land oggi rappresenta un atto politico imprescindibile. È un modo per onorare la memoria di Awdah Hathaleen, per ascoltare la sua voce attraverso i suoi scritti e il suo lavoro nel film, e per testimoniare quell'ingiustizia che lui ha documentato fino al suo ultimo respiro. 

La sua morte non è la fine della storia; ci impone una domanda scomoda e ineludibile: ora che avete visto, ora che sapete, cosa farete? La visione passiva non è più un'opzione.

Amnesty International. Firma la Petizione: Stop al genocidio di Israele contro la popolazione palestinese di Gaza

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