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Lee: L'Occhio Indomito sulla Guerra - Winslet Incarna la Fotografa Dimenticata.

Recensione di "Lee": Kate Winslet interpreta Lee Miller, fotografa di Vogue al fronte della Seconda Guerra Mondiale. Analisi del film di Ellen Kuras

Da modella a testimone dell'orrore: la recensione del film con Kate Winslet sulla fotografa di Vogue al fronte. La Recensione di Luci sulla Scena Magazine. 


 [di Massimo Righetti]

È approdato nelle sale italiane il 13 marzo, distribuito da Vertice360, "Lee", l'atteso biopic diretto dall'esordiente alla regia Ellen Kuras, nota direttrice della fotografia ("Se mi lasci ti cancello"). Il film porta sul grande schermo la vita straordinaria e per troppo tempo trascurata di Lee Miller, pionieristica fotografa americana, qui incarnata da una magnetica Kate Winslet, anche produttrice della pellicola e candidata ai Golden Globes 2025 per questa interpretazione. "Lee" non è solo il ritratto di una donna eccezionale, ma un'immersione cruda e necessaria negli anni che la videro testimone oculare degli orrori della Seconda Guerra Mondiale.

Da Musa a Testimone

Il film si concentra sul periodo cruciale della vita di Elizabeth "Lee" Miller. Abbandonata la vita parigina da modella e musa surrealista (celebre il suo legame con Man Ray), la troviamo a Londra alla fine degli anni '30, innamorata del mercante d'arte Roland Penrose, mentre l'Europa precipita nel conflitto. Già affermata fotografa di moda, ottiene un incarico per British Vogue grazie alla stima della direttrice Audrey Withers. Ma Lee non si accontenta: con caparbietà e sfidando le convenzioni che tenevano le donne lontane dal pericolo, ottiene l'accredito stampa dall'esercito americano. Armata della sua macchina fotografica, si getta in prima linea, documentando eventi strazianti come l'assedio di Saint-Malo, l'orrore dei campi di concentramento di Buchenwald e Dachau, e realizzando scatti iconici come l'autoritratto nella vasca da bagno di Hitler. Un lavoro che rivelò verità nascoste al pubblico, ma che segnò indelebilmente la sua psiche.

GUARDA IL TRAILER ---> https://www.youtube.com/watch?v=Q9HpUHzI7m8

Sfidare la Guerra e il Pregiudizio con un Obiettivo

"Lee" ci immerge senza sconti nel teatro europeo della Seconda Guerra Mondiale: dalla resilienza londinese sotto il Blitz, alla brutalità dei combattimenti in Francia, fino alla scoperta paralizzante dell'Olocausto. In questo panorama storicamente e culturalmente dominato da uomini, dove la guerra era considerata non solo appannaggio maschile ma anche materia inadatta allo sguardo femminile, la presenza di Lee Miller come fotoreporter accreditata dall'esercito USA non fu solo un'anomalia: fu un atto di rottura rivoluzionaria.

Il film sottolinea acutamente il doppio fronte su cui Miller dovette combattere: quello bellico, irto di pericoli mortali, e quello, forse più insidioso, contro i pregiudizi di genere radicati. La sua non fu solo una battaglia per essere al fronte, ma una vera e propria lotta per ottenere il permesso di andarci, scontrandosi con un establishment militare e informativo refrattario all'idea che una donna potesse – o dovesse – testimoniare l'orrore in prima persona. L'opinione comune relegava le donne a ruoli di supporto, lontane dall'azione, ritenendole inadatte a gestire la brutalità fisica ed emotiva del conflitto. La caparbietà di Miller nel voler essere lì, dove la storia accadeva, sfidò direttamente questa concezione limitante e patriarcale.

Ma è proprio il suo sguardo, inevitabilmente filtrato dalla sua esperienza di donna in un mondo di uomini e segnato anche da traumi personali , a trasformare la sua cronaca in qualcosa di più profondo e, per certi versi, più completo. Il suo lavoro non fu solo documentazione oggettiva (ammesso che esista), ma un potente atto di contro-narrazione. Lì dove la narrazione bellica tradizionale tendeva a celebrare l'eroismo, la strategia e la forza maschile, l'obiettivo di Miller – come il film suggerisce – indugiava con più insistenza sulla conseguenza umana della catastrofe: la devastazione dei corpi e dei luoghi, la sofferenza dei civili, la perdita irrimediabile.

Questa sensibilità specifica le permise di cogliere l'impatto differenziale e spesso taciuto del conflitto sulle donne. Il suo obiettivo registrò non solo le vittime generiche della guerra, ma specificamente le donne come soggetti di violenza, umiliazione (come le rasature delle collaborazioniste) e resilienza. Inviando le sue immagini crude e spesso disturbanti a Vogue, Miller compiva un'ulteriore, audace rottura: usava una rivista associata all'eleganza e all'effimero per veicolare la verità più brutale e scomoda della guerra squarciando il velo di silenzio o di edulcorata propaganda che spesso proteggeva il pubblico – e in particolare quello femminile – dalla realtà del fronte. Il suo non era solo lo sguardo di una donna sulla guerra; era uno sguardo che sfidava attivamente l'idea stessa di cosa fosse lecito o appropriato mostrare e a chi, offrendo una prospettiva viscerale, destabilizzante ma essenziale per una comprensione più onesta e completa del conflitto.

Recensione: L'Occhio Impavido sulla Ferita della Storia

La scelta di Ellen Kuras, al suo esordio alla regia cinematografica, è tanto radicale quanto necessaria: dismettere la patina glamour troppo a lungo associata a Lee Miller per aggredirne il nucleo più autentico, sofferto e incandescente, quello forgiato nel fuoco della Seconda Guerra Mondiale. "Lee" rifugge così ogni tentazione agiografica o consolatoria, presentandosi come un'opera densa, intransigente, a tratti persino spietata, che rivendica con forza il diritto di Miller a essere ricordata per il suo talento ostinato, la sua complessa umanità e il suo coraggio di testimone, ben oltre l'icona di bellezza.

Al centro di questa operazione, pulsa la performance monumentale di Kate Winslet. L'attrice non si limita a interpretare Lee Miller; la abita con una dedizione totale, restituendone la ruvidezza scontrosa (quella "sigaretta sempre in bocca"), l'intelligenza tagliente, ma anche la vulnerabilità crescente e il peso devastante del trauma che si accumula dietro la corazza. È un'interpretazione stratificata, fisicamente ed emotivamente esigente – Winslet, anche produttrice ha persino scattato le fotografie attribuite a Miller nel film – che trascende il biopic e diventa incarnazione vivente dello spirito indomito del personaggio, elevando l'intera pellicola. Questa centralità attoriale trova un perfetto contrappunto nella regia visivamente consapevole di Kuras. Forte della sua immensa esperienza come direttrice della fotografia  traduce la sua sensibilità per l'immagine in una messa in scena che rifugge facili estetismi o la spettacolarizzazione del dolore. Anche nella rappresentazione più cruda degli orrori bellici e dei campi di concentramento, la composizione resta significativa, quasi dialogando idealmente con l'occhio fotografico della stessa Miller: l'orrore non è mai gratuito, ma reso con una dolorosa, perturbante efficacia. Il film compie così un'operazione fondamentale di recupero della memoria, celebrando una figura chiave del fotogiornalismo il cui contributo è stato a lungo sottovalutato, e sottolineando l'importanza cruciale di uno sguardo femminile sulla Storia e sulla sua rappresentazione.

È proprio la scelta coraggiosa di concentrarsi quasi esclusiva sul periodo bellico a conferire al film la sua incisività tematica, permettendo un'analisi profonda dell'impatto della guerra sull'individuo, sull'arte e sulla responsabilità etica del testimone. Tuttavia, questa stessa immersione senza filtri nell'orrore e nelle sue conseguenze psicologiche rende "Lee" una visione indubbiamente impegnativa, a tratti opprimente. L'intensità è una scelta coerente con la materia trattata, un segno di rispetto verso la verità storica e il dolore del personaggio, ma richiede allo spettatore una disponibilità emotiva non comune e potrebbe risultare respingente per chi cerca un racconto più accomodante. Allo stesso modo, la radicalità del focus narrativo, pur garantendo profondità, implica inevitabilmente un sacrificio in termini di ampiezza biografica. Altre fasi significative delle "molte vite" di Lee Miller restano volutamente fuori campo: è il prezzo da pagare per un'analisi così acuta e concentrata, una scelta che privilegia l'intensità tematica rispetto alla completezza enciclopedica, ma che definisce il carattere audace e non compromissorio del film.

"Lee" si rivela un film importante e un ritratto femminile di notevole forza, ben sostenuto dall'intensa interpretazione di Kate Winslet e da una regia, quella di Ellen Kuras, capace di alternare crudezza e momenti di lirismo visivo. Sebbene la sua intensità possa renderlo una visione a tratti impegnativa, il film ha il merito indubbio di sottolineare il valore fondamentale della testimonianza e del potere dello sguardo critico. Nel complesso, "Lee" è un'opera significativa e consigliata, specialmente a chi è interessato a riscoprire figure storiche rilevanti e a confrontarsi con le complesse verità della guerra attraverso una prospettiva non convenzionale.

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